martedì 15 dicembre 2015

Cap. SETTE in cui una cripta porta consiglio

Nel momento stesso in cui il gruppo si avventura nel cimitero, l'elfa scompare.
Hayat e Abigail contemporamente invocano le proprie divinità... in maniera più o meno devota.

Il gruppo, decurtato di risorse e membri, tentenna un po' prima di prendere coraggio e inoltrarsi nelle Terre del Crepuscolo. Il morale non è lieto e la nebbiolina tra le tombe e il silenzio irreale certo non aiuta a mantenere alto il coraggio. Solo la determinazione furiosa di Abigail sembra spronare avanti la compagnia.
Ad un certo punto si imbattono in un gruppo di tombe in cui è chiaro un certo andirivieni degli occupanti... molto probabilmente i non morti appena sconfitti provengono da qui.
La chierica si sofferma un momento a pregare per le anime disturbate e poi afferma: "Qui non è all'opera un necromante... i non morti non sono controllati, vogliono solo tornare a casa loro."
Ad Hayat sembra di sentire il sospiro partecipe di Tanit.

Dopo questa pausa contemplativa gli avventurieri si spingono più avanti fino ad arrivare ad un'area del cimitero che ospita tombe più sontuose. Proprio davanti a loro si para una delle cripte più riccamente decorate, quella per cui si erano avventurati di notte, al buio, nella nebbia e tra i non morti. Tra le decorazioni spiccavano delle gargolle ghignanti che ricordano a tutti la fine di Petrus. Un brivido percorre la schiena di Hayat, ma la determinazione di Abigail continua a spronarli avanti.

La porta è chiusa da un chiavistello, ma è abbastanza chiaro che è stato manomesso e poi rimesso a posto. Ren armeggia qualche minuto e poi apre la porta per noi. Dà un'occhiata nel buio e poi Hayat lo vede voltare lo sguardo su Leo con un'aria decisamente preoccupata.

Quando Hayat varca la porta della cripta l'odore di chiuso e l'umidità lo colpisce come uno schiaffo. Non è il buio a spaventarlo, ci vede senza problemi, è proprio l'aria di tempo sospeso, di attesa eterna che lo fa rabbrividire.

La polvere aleggia su tutto e le ombre nelle nicchie vuote aumentano la sensazione di essere osservati. Il ninja fa notare al gruppo una serie di impronte che scendono la scalinata e poi ritornano... non possono altro che essere le orme di Petrus sceso a cercare quello che ha lasciato scritto nel diario.

Quando scendono il buio e l'umidità è opprimente. Tra le ombre si può vedere un sarcofago nero riccamente decorato su un piccolo rialzo. Mentre gli altri danno un'occhiata, Hayat sente un vago strisciare. Quando Abigail fa luce un millepiedi enorme cade dal soffitto e cerca di attaccare la chierica, ma la manca. Hayat reagisce d'istinto e lo colpisce mentre gli altri si rendono conto di essere sotto attacco. Abigail scivola e colpisce Hayat, facendoli persino dei danni.
"Questa poi me la paghi, chierica!" urla l'alchimista al culmine della concitazione.

Leo evoca un'aquila che si avventa con artigli e becco sul millepiedi che Ren finisce, purtroppo il fiero uccello viene ucciso da un altro millepiedi che a sua volta fa una brutta fine sotto la sciabola della chierica.

Hayat, mentre il gruppo si cura le ferite, fa notare che il sarcofago è stato aperto e richiuso, quindi qualcuno è stato lì e ha fato qualcosa alla sepoltura. Chissà cosa li aspetterà lì dentro...
Abigail sposta la pietra con un gesto deciso e scopre un vero tesoro: frecce d'argento, ampolle di acqua benedetta, pozioni di cura e degli strani sifoni ricoperti da rune inquietanti e con un vapore biancastro che si agita dentro. Leo le riconosce come sifoni da infestazione e un brivido di anticipazione percorre il gruppo.
In fondo alla cassa c'è persino un astuccio con uno scarabeo che Hayat ha già visto su uno dei libri che devono essere restituiti.

"E' un sacco di roba! Possiamo davvero prenderla?" esclama Hayat contemplando tutto quel ben di Pharasma.
"Sono armi contro i non morti... noi siamo qui per combattere i non morti. Credo che questa roba sia qui per noi," risponde deciso Leo e Abigail conferma con un cenno della testa.

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Dopo aver raccolto tutto quello che potevano dalla cripta, gli avventurieri tornano a casa mentre si alza un'alba livida.
Quando li vede arrivare sporchi e pesti, Tanit non resiste un minuto di più e corre fuori da Hayat.
"Siete tornati! Dov'è l'elfa? Sembri più vecchio, caro?"
L'alchimista è travolto dalle domande e risponde mentre entrano in casa.
"L'elfa è scomparsa subito dopo il combattimento contro dei non morti... no, amore, non sembro più vecchio. Sono solo tremendamente stanco."
Leo fa un sorrisetto sarcastico e poi tira fuori dallo zaino una tavoletta spiritica che Hayat non aveva notato.
"L'abbiamo trovata assieme alle armi e alle ampolle di acqua benedetta. Forse tu sai come usarla."
Tanit la prende con molta reverenza.
"Cosa volete chiedere agli spiriti?" sussurra d'un tratto attenta e presente.
Il gruppo si consulta un po' e poi la domanda viene così formulata: Chi ha scritto la V sul monumento con il sangue?

Si prende qualche momento per raccogliere le forze e poi pone le mani sulla tavoletta ripetendo la richiesta. All'improvviso la temperatura sembra calare e il silenzio si riempie di strani scricchiolii e gemiti. I capelli di Tanit si rizzano sulla testa e ondeggiano come se l'oracolo fosse preda di una furia invisibile. Tutti gli oggetti sul tavolo cadono a terra e Tanit geme sofferente.
Lentissimamente si forma la parola GIBS sulla tavoletta. Quando si compone l'ultima lettera la donna spalanca gli occhi bianchi e poi sviene tra le braccia di Hayat che la stringe a sé terrorizzato.

sabato 28 novembre 2015

Cap. SEI in cui nella valle dell'Eterno Riposo si riposa ben poco

Gli avventurieri decidono di tornare a casa per cenare e raccogliere le forze e le idee visto che la situazione si sta facendo sempre più intricata, misteriosa e maledettamente pericolosa ogni momento di più.
Una volta seduti a tavola e servita la zuppa - che Ren sembra apprezzare vista la quantità di carne che Kendra gli porge con un sorrisetto timido - nessuno si stupisce quando l'elfa si materializza di nuovo nella zuppiera.
Solo la padrona di casa guarda un po' storto la stoviglia ereditata da una zia un po' eccentrica, ma non pensava fino a quel punto.
Le accoglienze sono molto diverse tra loro.
Ren, con il suo solito tono caldo come una fossa appena scavata, la apostrofa con un "sempre puntuale per cena, eh!"
Leo, d'altro canto, non può per educazione e interesse, non alzarsi sollecito ed aiutarla, di nuovo, ad uscire dall'impiccio.
Kendra, da buona padrona di casa, promette un piatto in più per l'indomani.
Tanit, porgendole un piatto perché possa aggiungersi alla cena, chiede: "Passato una bella giornata? Tutto bene a casa? Qui forse abbiamo a che fare con non morti."
Mariel, ripulendosi molto accuratamente, gira lo sguardo sull'Oracolo e risponde secca: "A casa siamo o tutti vivi o tutti morti!"
"Meglio per voi..." mormora a mezza voce Hayat mentre gli altri ritornano a mangiare dopo l'interruzione,

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"Non ci resta che andare a dare un'occhiata al cimitero... giusto per farsi un'idea di quello che sta succedendo." suggerisce Leo mentre si aggiusta la spada sulla schiena. Il gruppo è d'accordo, nonostante i mugugni di Hayat e i sospiri inorriditi dallo sporco e dall'affollamento di umani morti di Mariel. 
Kendra preferisce rimanere a casa e Abigail è chiaramente divisa tra la necessità di restare con lei e proteggerla e l'imperativo morale di investigare su questi eventi che chiaramente turbano lo scorrere naturale della vita. Il suo dissidio interiore viene risolto da Tanit che si offre di restare a casa con Kendra mentre gli altri escono ad indagare. 

Hayat è davvero sorpreso di quanto si stia dimostrando maturo e responsabile Leo di fronte al pericolo e alle difficoltà. Sta quasi per dargli una pacca incoraggiante sulla spalla mentre escono, quando viene loro incontro sulla soglia una vicina di casa annunciando che il marito ha appena visto la figlioletta morta grattare alla finestra per entrare.
La pronta risposta del ragazzo fa scendere il gelo sul gruppo e sbiancare la povera Kendra.
"Pensa se torna papino mentre siamo fuori!"

La pacca incoraggiante si trasforma in un invito non proprio cortese a darsi una mossa e togliersi in fretta dalla traiettoria dello sguardo omicida di Abigail.

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Prima di raggiungere il cimitero Abigail si rende conto che l'esibizione del druido alla "Locanda apparente" potrebbe attrarre nuovamente gli stigi e cerca di convincere il gruppo ad andare a vegliare sui concittadini di Kendra. Ci sono un po' di discussioni, ma poi la compagnia si rende conto che deve scegliere tra un freddo, umido e terrificante cimitero e un'accogliente e calda locanda. Questo fa pendere la bilancia in favore della veglia dei poveri concittadini!
Il locale che li accoglie è decisamente carino, ha quell'atmosfera calda da locanda di paese pulita e ben gestita. Sul piccolo palco si sta preparando il bardo che ha attratto una discreta folla, desiderosa, anche, di rivivere lo spettacolo imprevisto del pomeriggio. La sete di violenza della gente sorprende sempre Hayat.
Le attrattive della locanda possono essere riassunte in birra, musica e belle donne. Birra e musica già scorrono e le belle donne sono molto ben rappresentate dalla locandiera che accorre per ringraziare gli avventurieri che oggi sono stati così coraggiosi.
Leo fa la coda come il pavone e Hayat lo lascia fare, anche lui è stato un ragazzino affascinato da qualunque curva di passaggio.

Il bardo comincia a cantare e, tranne un paio di stecche fa fanno desiderare una fine dignitosa all'elfa arpista, riesce a coinvolgere tutta la sala che gli risponde durante i ritornelli delle canzoni più conosciute.
Dopo un paio di birre e due chiacchiere con gli abitanti del villaggio, la chierica si convince che la cosa più pericolosa in quella sala sono loro e quindi decide di volgere la sua attenzione e quella del gruppo al camposanto.
Anche perché ci sono ben quattro guardie cittadine che si sforzano di darsi un'aria ufficiale mentre bevono e cantano con gli altri.

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Il cimitero è esattamente come Hayat se l'era immaginato, cupo, umido, con una nebbiolina che si addensa caliginosa attorno agli alberi e ai monumenti più inquietanti. L'ifrit non ha paura, visto che vede tranquillamente al buio, è che lui è decisamente più un uomo di scienza che d'azione e ogni volta che si trova a dover menare le mani una vocina gli cinguetta in testa dicendo cose tipo "Ci sono modi più intelligenti della clava per risolvere un problema...". Hayat quella vocetta un po' la vorrebbe ascoltare... ma poi un tizio qualunque dà un'occhiata un po' troppo lunga a Tanit e ad Hayat va in bollore il cervello.

Mentre l'alchimista registra la propria disapprovazione per tutti i luoghi freddi e sinistri, l'elfa si sta ripetendo come un mantra qualcosa che suona come "Io non sono qui... la mia divinità non mi odia... io non sono qui... questo non è un luogo lurido e pieno di umani... io non sono qui..."

Nel frattempo attorno a Leo si addensa una strana nebbiolina e il gruppo può vedere di nuovo l'armatura materializzarsi attorno al ragazzo e renderlo decisamente meno gracilino e insulso.

All'ingresso del cimitero tutto il gruppo può notare delle figure barcollanti che si avvicinano.
Qualche secondo dopo emergono dalla nebbia quattro figure con i vestiti stracciati, sporchi di terra e con la carne che gli cade dalle ossa.
Ma perché capitano tutte a noi?  pensa Hayat quando si trova una mano imputridita che cerca di cavargli gli occhi a forza di graffi.

I non morti vengono tenuti a bada fino a quando spunta un bambino con un vestitino elegante da cui però sporgono ossa e vermi. A quel punto Hayat ha, per un attimo, un'esitazione... no, un bambino non lo posso picchiare.
Tentennamento che viene prontamente superato da Abigail che castiga il discolo non morto con una sciabolata sacra.
Al lamento del piccolo: "Perché mi hai fatto maaaaleee?", la chierica risponde con una luce folle negli occhi:
"Perché sei un ABOMINIO!!!"


Hayat nella mischia trova il tempo di segnarsi di non far mai imbestialire la chierica.


Nonostante le gravi ferite di Ren, che si dimostra una guardia del corpo dedita fino al sacrificio, il gruppo riesce ad abbattere tutti i non morti. Una volta a terra è difficile distinguere gli zombie dai morti non risvegliati, quindi gli avventurieri si trovano con il bel problema di dover, eventualmente, giustificare agli occhi della popolazione questo inusitato vilipendio di cadavere.
Leo ha l'idea per risolvere la situazione: il fiume è vicino... ci penserà la corrente.

Finito di dare l'estremo saluto agli estinti, sperando che rimangano morti per molto tempo, il gruppo si consulta sull'opportunità o meno di proseguire nell'esplorazione. Decisamente non si può lasciare il lavoro a metà, soprattutto se c'è la possibilità di scoprire chi c'è dietro queste apparizioni e questi risvegli.

lunedì 28 settembre 2015

Cap. CINQUE in cui un concertino in piazza ha svolte inaspettate

Hayat fa appena in tempo a riprendersi dalla lapidaria risposta degli spiriti che si rende conto che Mariel è scomparsa senza lasciare tracce. Trattiene a stento uno strillo sorpreso ben poco virile e poi prende per un braccio Tanit e la fa allontanare senza troppe cerimonie da quel luogo così macabro esclamando: "Ho fatto il mio carico quotidiano di stranezze prima di pranzo, torniamo indietro!"

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Nel frattempo Kendra e Abigail accompagnano Leo e Ren al tempio di Pharasma, dove tutti sperano di trovare qualche informazione in più rispetto al mistero in cui Petros, non volendo, li ha trascinati. Nel vestibolo li accoglie una grande statua della dea con in mano una bilancia e una folla di devoti bisognosi di rassicurazioni e guida spirituale.

Abigail si avvicina ad un chierico che fa loro strada verso la biblioteca. Il silenzio è rotto solo dal sospirare delle pagine sfogliate e il grattare dei pennini sulla carta ruvida. In questo ambiente organizzato e tranquillo le spalle di Abigail sembrano rilassarsi impercettibilmente e Leo dà uno sguardo da intenditore ai tomi riccamente ornati.
Il chierico li conduce agli scaffali con gli annali della prigione e li lascia soli con un breve cenno di ringraziamento da parte di Kendra e Abigail. 
Durante la ricerca salta subito all'occhio che la V che viene tracciata è l'iniziale del nome della moglie del direttore della prigione: Vesorianna. Questo non spiega però quale sia il motivo di questo scempio. I giovani si ributtano sui libri per carpire più informazioni possibile.

Il tempo passa lentamente e Ren sente la necessità di sgranchirsi un po' le gambe, dopotutto lui è un uomo d'azione non uno studioso. Però, nel momento esatto in cui si alza dalla sedia, Leo alza la testa dal librone in cui era immerso ed esclama: "Eccoli qui! Ci sono!" a voce abbastanza alta da farsi guardare da un paio di chierici indispettiti dalla mancanza di decoro.

Leo non ci fa caso e riassume per tutti: "Il carcere era anche un manicomio criminale in cui inviavano da tutto il circondario i criminali più pericolosi. I peggiori detenuti al momento dell'incendio erano indicati con i loro soprannomi. Padre Ciarlatano, il Boia, il Predatore d'Acquamuschio, il Pifferaio di Illmarash e il Sanguinario."

Kendra rabbrividisce di orrore e per il dolore ancora recente. Leo fa una piccola pausa perché la ragazza si possa riprendere e poi continua: "Qui però riesco a trovare il nome di solo uno di loro. Padre Ciarlatano è il soprannome di Sefick Corvin e qui viene indicato come qualcosa di più di un assassino, qualunque cosa voglia dire..."

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L'alchimista e l'oracolo, dopo la loro avventura con l'imponderabile, decidono che acquietare lo stomaco sia necessario per farsi passare lo spavento. Certo, Tanit non è per niente turbata dalla sparizione dell'elfa e del vaticinio mortale, ma, si sa, quando gli spiriti sono compagni di lunga data e le stranezze sono all'ordine del giorno, una cattiva notizia e una sparizione improvvisa fanno lo stesso effetto di un acquazzone inaspettato. Noioso, ma non mortale... di solito.

La passeggiata porta i due giovani al centro di Ravengro alla ricerca di un mercato dove fare un po' di spesa ma un piccolo palco e un assembramento di bambini e curiosi attrae la loro attenzione.
Mentre si avvicinano per curiosare un grosso cane grigio con più autunni che primavere addosso trotterella in direzione della coppia e intercetta il passaggio di Tanit. La ragazza si china ad accarezzare il muso proteso con un sorriso accogliente e il cagnone decide di scortarli verso il centro della piazza.
I bambini si avvicinano volentieri alla coppia rassicurati dalla presenza del cane conosciuto da tutti e, come tutti i cuccioli, sono curiosi di scoprire il più possibile sugli stranieri.
"Bravo cagnone! Bravo Vecchio Fiume!"
"Questo è Vecchio Fiume, il mio papà dice che era vecchio quando era bambino lui... e voi chi siete?"
"Io sono Tanit e questo è il mio fidanzato Hayat."
"Cos'hanno i tuoi occhi? Sei cieca? Che belli i tuoi capelli rossi! Posso farli anch'io?"
"Zitto, non vedi che ti guarda? No, non puoi colorarti i capelli perché poi arrivano gli uomini cattivi a prenderti!"
"No, non sono uomini sono spiriti cattivi. Io ho visto che è venuto lo zio Albert, che è caduto dall'albero tre mesi fa... l'ho visto che bussava alla finestra di Gianenrico!"

Tanit, per niente turbata da questo cicaleccio - per una volta le voci sono attaccate a corpi fisici e non solo attorno a lei nell'etere - volge lo sguardo da un bambino all'altro finché vede nel gruppo un paio di quelle bambine che saltavano la corda accompagnandosi con una cantilena da brividi. Così, con la sua voce più dolce, chiede che le cantino qualche filastrocca.
Visto che ormai i bambini sono conquistati dalla stranezza dei due e dalla loro disponibilità ad ascoltare tutte le loro domande, a differenza degli altri adulti, si offrono di cantare la loro preferita.

E' finita ormai la festa
e mozzata le han la testa.
Suona il flauto poveretto
e gli strige fan banchetti.
Il crudele con rossa goccia
lentamente un nome traccia.
Ma nel vicolo più buio 
col martello spacca il cranio.
Con i simboli e le croci
il falso prete ha molte voci.
Ascolta bene o morirai
quando il canto finirai.

Hayat prende nota per riferire poi al gruppo e rabbrividisce per un presentimento molto cupo.

L'inizio dell'esibizione del bardo in mezzo alla piazza contribuisce ad alleggerire la tensione. Nonostante l'aspetto scalcagnato e anche un po' ubriaco se la cava discretamente con un paio di ballate molto conosciute.
Tutto sembra andare per il meglio fino a quando Hayat, avvertito dal richiamo di Tanit, vede due grossi uccellacci avventarsi su due uomini del pubblico per succhiare loro il sangue attraverso una disgustosa proboscide. L'alchimista ha appena il tempo di intravvedere Tanit nascondersi sotto un mantello trapunto di stelle, chiaramente protettivo, prima di avventarsi con la mazza contro uno degli uccelli. Non può lanciare le sue bombe in mezzo a persone innocenti, con il pericolo di ferirne qualcuno, così si affida alla cara vecchia mazza, poco nobile ma molto efficace.
Quando si avvicina si rende conto che gli enormi zanzaroni muovono le ali al ritmo delle ballate che il bardo continua a suonare, visto che nessuno si è ancora accorto di niente. Al movimento di Hayat però il musico si rende conto che c'è qualcosa che non va - visto che l'apparire di una mazza ad un suo concerto non ha mai significato buone notizie - e a quel punto smette di suonare.
Nel frattempo l'alchimista attacca uno dei due strigi che appaiono confusi dall'improvviso silenzio.
Tanit ordina imperiosamente al bardo di non suonare e non muoversi e quello si nasconde sotto il palchetto brandendo il liuto come arma da difesa La scena sarebbe comica se la vita di due persone non dipendesse dall'intervento tempestivo dei due ragazzi.

In combattimento prosegue ed entrambi vengono feriti, ma Tanit dà il colpo di grazia a uno dei due che esplode inondando di sangue il povero Hayat e l'altro viene finito dall'alchimista tra borbottii e lamentele per il suo povero cappotto fradicio e inzaccherato.

"Pensavo che il sangue ti sfrigolasse addosso..." butta lì Tanit.
"Non sono mica un barbecue..." risponde Hayat per niente divertito da una delle rarissime battute della sua svagata ragazza.

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"Presto, venite... gli stranieri le stanno dando di santa ragione a due uccellacci schifosi!"
Quello che si è precipitato nella locanda dove il gruppo si stava ristorando dopo le fatiche librarie è uno dei ragazzini che aveva accolto Tanit e Hayat in piazza. Abigail è la prima ad alzarsi in piedi per andare a vedere cosa sta succedendo in questo paese che ha preso ufficiosamente sotto l'ala protettrice della sua divinità. Subito dietro la seguono Kendra, Leo e per ultimo, in posizione difensiva, Ren.

Quando arrivano in piazza, lo spettacolo che si presenta loro è quello di due tizi svenuti dietro il palco, Hayat che cerca di ripulirsi dai fluidi di una imprecisata creatura volante e Tanit chinata- che è sempre uno spettacolo- che cerca di convincere ad uscire da sotto il palco un tizio scarmigliato che brandisce un liuto.
Per non farsi mancare niente, ecco che da un vicolo accorre ansimando e barcollando il tutore dell'ordine di Ravengro che, vista la stazza, rischia un colpo ad ogni respiro affannoso.
"Che succede qui, chi turba la pace della mia città con tutto questo chiasso?"
La sua ira si stempera alla vista del prodigarsi di Tanit a far uscire il malconcio cantore da sotto il palchetto.
"Carissima, benvenuta nella nostra città... cosa sta accadendo? Quel cencioso la sta disturbando?"
Tanit alza lo sguardo totalmente bianco sullo sceriffo e risponde: "No, signore. Questo bardo stava suonando mentre gli strigi attaccavano i suoi concittadini..." ma metà delle parole della ragazza si perdono per strada prima di arrivare al cervello dello sceriffo più occupato a stringerla con il nobile intento di rassicurarla che ad ascoltare quello che sta dicendo.
Leo si rende utile e trae il povero malcapitato fuori dal suo rifugio con la promessa di una birra gratis e conduce il gruppo, Tanit compresa, alla locanda appena abbandonata.Tutto questo un secondo prima che Hayat si renda reo di aggressione ad un pubblico ufficiale.

Quando Hayat prende posto si accorge che il proprietario - Zokar Elkar, amico del padre di Kendra, gli ha sussurrato qualcuno mentre entravano - ha un senso dell'umorismo davvero macabro. Il locale sarebbe anche in una posizione piacevole, adagiato in un'ansa riparata del fiume che attraversa il paese. Peccato che già l'insegna mostri il gusto del proprietario: un enorme muso di una creatura degli inferi zannuta e cornuta con la scritta Locanda al Demone Ghignante grondante sangue e liquami. Anche il menu non smentisce il cattivo gusto e offre bistecca di vampiro - rigorosamente servita al sangue -, palle di lupo, zuppa di cadavere - si consiglia di non chiedere se gli ingredienti si muovono ancora - e fantasma liquido, che Hayat si rifiuta di prendere anche solo in considerazione.

Eppure, nonostante i pregiudizi e un arredamento a dir poco grottesco, l'ambiente è accogliente e le porzioni servite sono abbondanti e gustose. Il bardo, rinfrancato dalle birre offerte da Leo ci racconta la sua triste vicenda che si può riassumere in non sono stato io ad evocare quei cosi, mi hanno cacciato dal paese qui vicino perché sono stato, mio malgrado, coinvolto in una rissa quando la donzella che mi ospitava mi ha trovato a sollazzarmi con un'altra fanciulla. Forse sono stato maledetto, me tapino.
Dopo aver ascoltato ogni sorta di lamentela che può uscire dalla bocca di uno squattrinato cantore di strada, Leo lo indirizza verso un argomento che sta più a cuore al gruppo: il manicomio e i pazzi criminali che vi erano rinchiusi. Il bardo ne sa davvero poco, racconta però di uno che era stato denominato Padre Ciarlatano che si spacciava per un sacerdote chiedendo soldi per fasulle opere pie. Ufficialmente non si sa di massacri perpetrati da lui ma durante il suo arresto molte guardie avevano perso la vita perché era spalleggiato da una setta oscura che aveva impedito fino all'ultimo la sua cattura.

Una volta esaurite le informazioni a sua disposizione - e le birre offerte dal Leo -, il bardo saluta il gruppo e invita tutti ad andare a sentirlo cantare alla Locanda apparente, dove alloggia e si esibirà in serata.

Una volta rimasti soli Hayat e Tanit raccontano quello che è successo - la sparizione dell'elfa, la cantilena dei bambini, gli strigi in piazza - e Abigail e Leo mettono da parte la coppia sulle loro scoperte collegando i pazzi criminali più efferati alla macabra canzone dei ragazzini.
Con l'umore tetro che può portare un'invasione di fantasmi assassini il gruppo decide di fare una bella scampagnata al cimitero per vedere se i morti riposano in eterno o c'è qualcuno che non riesce a stare tranquillo. Il risultato è che, per fortuna, la tomba del padre di Kendra è nelle stesse condizioni in cui l'avevano lasciata, ma quella che Ren aveva notato con la terra smossa è proprio quella del caro zio Albert... e non è l'unica che ha segni di irrequietezza dei propri inquilini.

domenica 2 agosto 2015

Cap. QUATTRO in cui la zuppa riserva delle sorprese

Dopo aver ascoltato i lugubri racconti del manicomio criminale, l'atmosfera è sempre più cupa.

Anche a tavola, mentre la padrona di casa serve la zuppa di cipolle che ha preparato, il silenzio è rotto solo dai sussurri di urbana cortesia e dal gocciolio costante delle candele. Hayat non alza la testa dal piatto se non per sbirciare Tanit che gli sorride di rimando mentre le sue posate si spostano dispettosamente di qualche centimetro a destra e a sinistra, sfuggendole dalle dita. L'alchimista non sa come la sua compagna non abbia ancora perso completamente il senno o, almeno, la pazienza... sempre assediata dagli spiriti.
E' così assorto dalla contemplazione di Tanit dall'accorgersi solo in ritardo che l'atmosfera a tavola è cambiata, ma è abbastanza rapido dal salvare la sua cena quando un'elfa in abiti succinti appare dentro la zuppiera e la sua arpa si materializza sulla panca tra Leo e Ren, che si voltano  a guardare lo strumento musicale.
Per essere più precisi, Ren dà una veloce occhiata all'arpa e poi mette immediatamente mano alle armi, mentre Leo indulge ancora un po' nel prendere le misure dell'elfa, che in verità ha un'aria alquanto disapprovante.
"Buonasera..." sussurra Kendra con tono esitante.
"Oh, buonasera a voi, graziosa compagnia." risponde l'elfa con tono spigliato mentre allunga una mano per farsi aiutare a uscire dalla zuppiera. Leo accorre in suo soccorso mentre la nuova venuta interroga il gruppo. "Qual è l'emergenza?"
Quando tutti si guardano perplessi, lei si spiega.
"Scusate, io sono Mariel e sono devota a Gotzre. La mia divinità mi ha fatto il dono - un po' dispettoso, se non suonasse irriverente - di apparire dove c'è bisogno."
Kendra si prodiga per la nuova arrivata mentre Mariel guarda la tavolata in cerca di risposte, come se lei - e non loro - si fosse trovata un ospite inatteso a cena.
"Quindi, siete tutti qui per...?"
"Per un funerale." risponde secca Abigail.
"Uh, un funerale? E cosa ci faccio qui per un funerale con tutto quello che ho da fare?"
L'elfa non sembra cogliere il guizzo di dolore negli occhi di Kendra e di rabbia repressa in quelli di Abigail. La padrona di casa però sembra riprendersi subito e le offre una ciotola di zuppa assicurandole che non c'è carne... cosa che sembra addolorare il ninja.

Una volta finita la cena qualcuno propone di riunirsi nello studio di Petros per cercare di capire meglio cosa sta succedendo. L'atmosfera è molto cupa nella casa. Il silenzio pesa su tutti e gli spiriti di Tanit aleggiano inquieti, spegnendo le candele e spostando di qualche centimetro ogni oggetto che l'oracolo - o chiunque altro - provi a prendere.
Leo e Ren confabulano un po' dopo aver letto il diario del padre di Kendra e poi condividono le loro scoperte.
"Dal diario di tuo padre," esordisce Leo rivolgendosi con un cenno a Kendra, "si può dedurre che il problema è molto più esteso di quanto pensassimo. E' abbastanza chiaro che tuo padre non è morto a causa di un incidente ma è stato fermato prima che scoprisse troppo. Qui," continua, agitando veemente il diario, "c'è chiaramente scritto che aveva scoperto le mire di un gruppo di necromanti chiamato la Via Sussurrante sul manicomio criminale, più precisamente su qualcuno che è stato internato al tempo dell'incendio."
La notizia non sembra cogliere di sorpresa il gruppo perché ormai era chiaro a tutti che in quel paesino aleggia qualcosa di terribile.

Non starò a dire che io lo sapevo, sospira fra sé e sé Hayat.

Leo, ormai imbaldanzito dall'attenzione generale, continua sicuro: "Scrive che al tempio di Pharasma possiamo trovare l'elenco di chi era imprigionato, per aiutarci a capire cosa vuole la Via Sussurrante."

"Per quanto confidi nelle nostre capacità, non abbiamo i mezzi per affrontare una setta di necromanti e tutti i non morti che possono aver risvegliato!" esclama Hayat esasperato dal tono pericolosamente sicuro di sé di Leo.

"Il nostro caro professore ha pensato anche a questo e ha lasciato scritto che sotto una cripta al cimitero c'è quel che serve per sconfiggere i fantasmi della prigione."

Su questa nota ottimista ad Hayat non resta che sospirare prevedendo sventura, molta sventura.

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La sensazione che lo sveglia è il calore, un intenso e asfissiante calore. Questo lo mette subito in allarme perché lui è un ifrit, il suo popolo è fatto di fuoco. Se lui ha caldo, Tanit deve stare soffocando!
Con questo pensiero in testa spalanca gli occhi e quel che vede gli fa scuotere il capo, confuso. Un lucore arancione, baluginante, proviene dalla finestra. La finestra stessa ha assunto sembianze da incubo: è diventata minuscola e dotata di sbarre. Immediatamente Hayat si alza dal pagliericcio su cui si è svegliato e si rende conto di essere in un'angusta cella di prigione.
Fuori si sentono delle urla e il calore sembra essere sempre più intenso e soffocante.
La porta è sbarrata e l'alchimista si sente in trappola. Quando si avvicina ad una parete per capire da dove vengano i richiami una scritta insanguinata appare sul muro di fronte a lui, gelandogli il sangue nelle vene.

Hayat

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"Hayat, svegliati! Per l'amor di Pharasma, svegliati!"
La voce di Tanit sembra riscuoterlo dall'incubo in cui era caduto e lo fa rizzare seduto sul letto che divide con la sua compagna.
"Tanit, sei viva? Stai bene... dov'è l'incendio?" esclama febbrilmente mentre tocca la ragazza per assicurarsi che sia tutto a posto.
"Va tutto bene, mio cuore, non c'è nessun incendio. Calmati!" 
Le urla nel frattempo hanno attirato tutti gli abitanti della casa che si affacciano alla porta della loro camera. Hayat torna totalmente in sé quando si rende conto che Tanit è a malapena coperta dal lenzuolo e Leo ha tutto l'agio di contemplare le sue grazie.

"Qui è tutto a posto! Forza, non è successo niente!" li rassicura in modo burbero cercando nel contempo di coprire la visuale del loro letto sfatto. La manovra gli riesce agilmente perché delle altre grida richiamano l'attenzione di tutti.
"Sembrano provenire dalla casa vicina." dice Ren, precedendo la padrona di casa giù per le scale.
"Sarà un'epidemia di incubi? chiosa Tanit mentre si riveste e raggiunge gli altri seguita da un frastornato alchimista.

Quando la coppia raggiunge la porta, sull'uscio ci sono un paio di comari spaventatissime.

"Sulla statua all'inizio del paese c'è una terrificante V tracciata con il sangue..."
"Ho sentito piangere la mia bambina fuori dalla finestra... ma è morta l'anno scorso di scarlattina!"

Le voci delle donne si sovrappongono e le due non attendono risposta prima di insinuare: "Non vorremmo dire, ma è iniziato tutto con la morte di tuo padre. E' sempre brutto parlare male dei morti, ma tutte queste porte che sbattono senza vento, gli incubi..."

Abigail si trattiene a stento e sorregge Kendra che si sente mancare a quelle parole insensibili. Chiude la porta bloccando le comari prima che se ne escano con altre belle ipotesi e poi manda tutti a dormire rimandando tutte le discussioni al giorno successivo.

-@-

"Mi sembra che Abigail, tra tutti, sia quella che ha più possibilità di entrare nelle simpatie dei chierici del tempio di Pharasma e farsi dare le informazioni che hanno su questo misterioso incendio e sugli internati..." suggerisce Kendra mentre serve la colazione aiutata da Ren.

"Certo non ci può andare da sola. L'accompagneremo io e Ren." Leo si fa avanti subito in modo galante.

"La ritengo un'ottima idea... io e Hayat possiamo dare un'occhiata alla statua. Magari gli spiriti che aleggiano possono entrare in contatto e dirci cosa li rende così inquieti."

 Non è che ci tengo poi così tanto, eh! pensa Hayat cercando di non farselo leggere in faccia.

"Penso che verrò con voi. Forse capirò perché la mia divinità mi ha mandato qui."

Tanit accoglie la proposta di Mariel con un grazioso cenno della testa. 

Poco più tardi si trovano tutti e tre sotto la statua del direttore della prigione a contemplare l'inquietante atto di vandalismo.La statua rappresenta un uomo corpulento vestito di pelle e il manganello, insomma, uno che doveva avere il pugno di ferro per governare un manicomio criminale. Sul basamento sono riportati i nomi delle venticinque guardie che hanno perso la vita durante l'incendio. Lì accanto si può notare una macchia di muschio raschiato via e una grossa V color rosso ruggine. Alla base Hayat nota una serie di impronte che ritornano verso il paese. I tre giovani seguono le macchie, ma ben presto scompaiono.
La strada li ha portati però nelle vicinanze delle rovine della vecchia prigione. I resti si stagliano sul cielo plumbeo in cima ad una collina con la vegetazione completamente morta.

In lontananza i corvi gridano.

Un fianco della collina è franato coinvolgendo il cimitero e il risultato è una serie di tombe rovesciate e un laghetto putrido che ha riempito a voragine.

Tanit sente il bisogno di raccogliersi in preghiera e chiedere un presagio.

Se adesso esplorassimo la prigione, troveremmo chi causa gli incubi?

La risposta è lapidaria:

Sventura.



lunedì 11 maggio 2015

Cap. TRE in cui le rogne trovano... rogne!

"Non seppellirete un necromante con la nostra brava gente... noi ve lo impediremo!"

E se tra gli avventurieri scorre un brivido di anticipazione alla lotta, Kendra, povera fanciulla innocente, sembra proprio non capire cosa stia succedendo.

"Cosa state dicendo? E' mio padre... lo conoscevate tutti." Si volta accalorata verso la donna che l'aveva accompagnata fino lì per avere il suo sostegno. "Abigail, cosa succede? Diglielo anche tu che è mio padre che stiamo seppellendo e che lui non era un necromante!"

Il gruppo di paesani si avvicina minaccioso, Abigail suggerisce ai portatori di appoggiare la bara e si rivolge al gruppetto che sbarra la strada.

"Le vostre parole non vi fanno onore. Petrus Lorimmor è stato un dedito consigliere della città e non ha mai negato il suo aiuto alla comunità."

I villici non sembrano per niente colpiti e si fanno ancora avanti. Hayat sente Leo sussurrare di sfuggita alla sua guardia del corpo: "Non uccidere nessuno, per favore."

Hayat sorride tra sé preparandosi a qualunque cosa stia per succedere. Peccato che succeda quello che lui teme di più: Tanit si fa avanti noncurante delle roncole impugnate, dei rastrelli agitati, dei forconi in bella vita ed esclama con la sua solita aria innocente.

"Vi sbagliate, non può essere un necromante! Se non lo so io..." sottolineando la sua affermazione con l'agitarsi delle fronde per una brezza fantasma.

Questo intervento non corporeo non aiuta a calmare gli animi che sembrano, anzi, più esagitati. Quello che sembra il capo e il portavoce del gruppo affronta Kendra di petto e le sibila: "Brutta strega esci da nostro cimitero!" prima di assestarle un colpo che la fa crollare a terra priva di sensi.

Abigail reagisce immediatamente all'aggressione e sfodera la spada con intenti decisamente bellicosi. Hayat, agendo di puro istinto, si avvicina a Tanit per proteggerla e calmare gli animi, sperando, nel contempo, di non dover tirare fuori le sue preparazioni alchemiche per sedare quello che potrebbe essere solo il più grande fraintendimento della storia di questo villaggetto.

Abigail sembra avere un modo tutto suo di redimere le controversie a colpi di spada e il contadino ferito molla immediatamente l'arma prima di farsi davvero male. Gli altri però non sembrano aver appreso la lezione e un altro abitante del villaggio viene abbattuto da un pugno ben assestato dal ragazzino che sembrava tanto gracilino, ma con quella armatura addosso si sa far rispettare.

A questo punto, quando sembra che la prossima mossa sarà quella di darsela di santa ragione, Hayat vede Tanit raccogliersi un momento in preghiera e poi una voce ultraterrena sembra tuonare dal cielo:
"Questo è un affronto ai miei luoghi, lasciate questo luogo a me sacro e permettete le funzioni del trapasso!"

Questo getta i cittadini in un timore reverenziale e scatena un fuggi fuggi generale. Solo un attaccabrighe, meno impressionabile degli altri, resta saldo nella sua giusta riprovazione e attacca Leo. A quel punto, in uno svolazzare di sottane e d’indignazione, si presenta il sacerdote della comunità che fa allontanare i facinorosi e gli spettatori facendo così ritornare l'ordine.

Il gruppo controlla la situazione e, se gli altri possono aver notato le condizioni mentali del capo dei villici indignati, Hayat ha intercettato lo sguardo di Leo che si attarda sulle grazie di Tanit e per un momento vede solo fuoco e fiamme.
Quando si riprende sente il padre spirituale tentare di giustificare l'attacco: "Non fate caso a questa gente, sono ignoranti. Sono cresciuti con le leggende sui fantasmi della prigione e qualunque cosa esca dall'ordinario li destabilizza."

Il gruppo si astiene dal commentare e, una volta presa di nuovo la bara, si avvia verso la fossa dove si trovano i notabili del villaggio che hanno preferito non immischiarsi e non schierarsi. Hayat si sente ribollire per l'indignazione per la codardia e la pusillanimità altrui, ma poi Tanit lo richiama alla solennità del momento. "In questo momento di passaggio" esordisce l'oracolo "vorrei ricordare la bontà del caro Petrus, la capacità di accogliere chiunque e coglierne i lati migliori. Non dimenticherò mai quello che ha fatto per me e mio padre."

 Leo prende poi la parola leggendo il discorso preparato dal padre; decisamente è un linguaggio che i notabili capiscono e apprezzano di più e le reazioni sono molto positive. La chierica aggiunge il suo pensiero manifestando più emotività di quanto Hayat potesse riconoscerle: "Oggi abbiamo perso un protettore e una guida."

La cerimonia si conclude senza altri incidenti e, dopo le condoglianze di rito, la piccola folla si disperde lasciando il gruppo alle prese con la questione del testamento.

Kendra guida il gruppo verso la propria casa dove sarà aperto il testamento. Durante la passeggiata che fa loro attraversare il borgo, Hayat e Ren, la guardia del corpo del ragazzino, si rendono conto che le bambine che stanno saltando la corda canticchiano una filastrocca che fa gelare il sangue nelle vene. Riescono a cogliere solo qualche parola come tagliata ormai la testa, spacca cranio...  e quando chiedono alle bambine di ripetere la filastrocca queste li guardano terrorizzate e scappano via come passerotti dopo uno sparo.

Hayat archivia l'episodio nel cassetto delle stranezze, che, da quando è arrivata quella lettera, sta riempiendosi velocemente, e segue il gruppo fino alla casa di Kendra.

Quello che li accoglie è un tipico cottage che si trova ovunque in quella zona, una casa a più piani, con i mattoni a vista e l'edera rampicante a incorniciare le pareti. Tutto dà l'impressione di dignità e accoglienza e Hayat pensa che, tranne la mancanza di un laboratorio alchemico sul retro e delle macchie di colore un po'ambigue frutto di esperimenti fantasiosi, potrebbe essere senza problemi la casa di Samar e Tanit.

Una volta entrati in casa il ragazzino fa evaporare la sua armatura che scompare in uno sbuffo aggraziato di nebbia traslucida. Anche l'interno manifesta accoglienza, nonostante la situazione dolente, e Kendra si dà subito da fare per dare il benvenuto ai suoi numerosi ospiti. Nel frattempo arriva anche Vasian, il notaio del paese, che manifesta la sua disapprovazione con un'occhiata gelida per tutti questi estranei in faccende che dovrebbero rimanere private.

Una volta che tutti si sono sistemati la chierica intercetta uno sguardo perplesso di Kendra che si affretta a spiegare che, di tutto il gruppo di amici del padre, manca una persona e non sa spiegarsi il perché.
Il notaio prende atto ma decide di iniziare la lettura del testamento come se volesse sbrigarsi e uscire il più velocemente possibile da quella casa.
Nel silenzio carico di attesa Hayat si avvicina di più a Tanit perché in tutta questa storia fa fatica a non stare sempre all'erta. Non fa in tempo ad accostarsi che un libro cade alle spalle dell'oracolo calamitando tutti gli sguardi su di lei che si scusa con un lieve cenno del capo. Non appena sembra tornare la calma e il notaio tira fuori il contenitore con le ultime volontà, una porta sbatte al piano superiore. Tanit questa volta si sorprende e assicura che non è colpa sua e tutti possono vedere come Kendra, il notabile e il sacerdote si guardano attorno come se non fosse la prima volta che assistono a questo tipo di fenomeni inspiegabili.

Con una scrollata di spalle ben poco elegante, il notaio liquida l'evento e dà lettura al testamento. La sostanza è che Petrus lascia la casa a sua figlia e assegna una somma a ognuno dei suoi amici, o a coloro che li rappresentano, con il vincolo di prestare assistenza per un mese a Kendra e consegnare i libri presi in prestito ai rispettivi proprietari.

Una volta accettata l'eredità e confermato il supporto alla ragazza, il gruppo viene benedetto frettolosamente dal sacerdote e il notaio se ne va in fretta borbottando riguardo un altro impegno improrogabile.

A quel punto Tanit offre il suo aiuto per qualsiasi bisogno possa avere la povera Kendra.

"Penso seriamente alla possibilità di vendere questa casa e trovarmi un posticino più tranquillo... la mia famiglia non ha più grande seguito in questo paese." sospira la ragazza.

"Credo che se è tuo destino lasciare questa casa i segni appariranno..." concorda Tanit e poi, rivolgendosi alla chierica, si presenta: "Non abbiamo avuto occasione di presentarci prima. Io sono Tanit e sono un Oracolo. Visto il tuo medaglione posso ipotizzare una tua appartenenza a Serenrae?"

"Io sono Abigail e, come ben hai notato, sono una chierica di Serenrae. Credo che tuo padre frequentasse il mio... sei la figlia di Samar, vero?"

Tanit asserisce con un elegante cenno del capo a cui Abigail risponde con un minuscolo sorriso.  Forse non è così terribile, pensa Hayat in un moto di generosità nei confronti della chierica.

Ren, nel frattempo, si è avvicinato a Kendra e, con l'aplomb di un gentiluomo di altri tempi, le chiede.

"Signorina, dov'è la sua servitù? E' sola in questa casa?"

Domande che provocano una discreta costernazione e imbarazzo nella ragazza che deve ammettere a malincuore di occuparsi da sola della casa.

Hayat pensa che quel tipaccio doveva avere un'idea particolare degli approcci galanti.

Kendra, per sfuggire all'imbarazzo, scorta il gruppo nella camera da letto di suo padre in cui sono racchiusi tutti i suoi libri e i suoi studi. Le candele si spengono ogni volta che Tanit ci passa davanti e l'oracolo si scusa a nome dei suoi spiriti. Fa comunque un certo effetto spettrale questo vacillare e spegnersi di lumi via via che il gruppo avanza nella casa.

Una volta arrivati nella stanza, Kendra trae da sotto il letto un baule con una serie di tomi dall'aria antica e sapiente e un libro meno consumato con la più classica delle indicazioni: LEGGIMI ORA.

E', senza alcun dubbio, il diario di Petrus. Forse la lettura dei suoi appunti potrebbe fare luce in qualche modo sulla sua morte.

Mentre Leo e Ren sfogliano il diario, Hayat dà un'occhiata agli altri libri. Sono trattati di varia natura e ogni libro è etichettato con il nome del professore a cui appartiene. Quindi restituire al proprietario il dovuto non sarà impossibile.

Kendra liscia con accuratezza le pieghe del letto di suo padre prendendosi un momento solo per sé e Hayat, che non prova tutto questo affetto per i propri genitori, sente una piccola punta di commozione guardandola rendersi conto di essere completamente sola.
Prima però che possa farsi avanti per offrire il suo supporto, Kendra raddrizza le spalle, prende fiato e racconta gli ultimi giorni di suo padre.


"Petrus, mio padre, negli ultimi tempi era estremamente preoccupato. Aveva persino cominciato a nascondere il suo diario. Passava tutte le notti fuori a fare misurazioni e studi. Finché una mattina non tornato a casa e l'hanno trovato con la testa fracassata accanto ad un muro del manicomio bruciato." fa un piccolo sospiro dolente e poi continua. "Non so quanto ne sappiate della brutta storia della prigione. Una cinquantina di anni fa il manicomio criminale andò a fuoco e il direttore si immolò perché i pazzi criminali non scappassero. Morì lui assieme alla moglie ad alcune guardie. Da allora si racconta di presenze misteriose attorno alle rovine." 

lunedì 13 aprile 2015

Cap. DUE in cui i nostri eroi accompagnano il defunto e incontrano rogne

Hayat si aspettava che davanti al cancello del cimitero ci fosse molta più gente, perché aveva avuto l'impressione che il defunto fosse una personalità.
Invece ad attendere il carretto che porta la bara c'è solo uno sparuto gruppo di persone che sembrano essersi trovate lì per caso.
A parte Tanit, non conosce nessuno, ovviamente.
Di fronte a loro si trovano due personaggi alquanto mal assortiti, un biondino mingherlino vestito riccamente che trasporta una spada che sembra pesare quanto lui;  accanto al giovanotto un figuro di qualche anno più anziano tutto intabarrato nel mantello con un'aria decisamente marziale.

Hayat fa appena in tempo a dare un'occhiata veloce ai due ragazzi prima che il carro con il suo triste trasporto si presenti. Alla testa dello scarnissimo seguito c’è una giovane donna affranta che Tanit identifica a bassa voce: "Lei è Kendra, la povera figlia del professore... chissà chi è la donna che l'accompagna?"
Effettivamente la ragazza molto pallida ha accanto una donna con un'aria risoluta, un ciondolo ben visibile di Sarenrae e una spada al fianco che la identificano come un’inquisitrice.

Ci sarà da divertirsi, pensa mesto Hayat provando ad immaginare tutto quello che può passare per la mente ad una devota un po' troppo fervente davanti a quelli come Tanit e lui.

Quando il carretto si ferma alle porte del cimitero, Kendra sospira rendendosi conto di quanto scarna sia la compagnia che accompagnerà suo padre nell'ultimo viaggio. Raccoglie tutta la sua dignità e si rivolge al gruppo.

"Vi ringrazio di essere qui in questo momento così penoso, per portare l'ultimo saluto a mio padre." Fa una piccola pausa imbarazzata e poi si rivolge a Tanit.

"Tu devi essere Tanit, mi ricordo di quando eri bambina e accompagnavi tuo padre... Grazie per essere venuta. Ma non credo di conoscere il tuo accompagnatore."

Tanit volta appena gli occhi verso Hayat e gli dedica un sorriso caldo, poi si volta e lo presenta.

"Lui è Hayat Firehood, il mio compagno di vita. Mio padre non è potuto intervenire perché ė ad un incontro tra alchimisti, ma, se l’avesse saputo, sarebbe venuto a rendere omaggio in questo momento di passaggio."

Le parole dell'oracolo sono sottolineate dallo sventolio del suo vestito nell'assoluta immobilità dell'aria; quello che sembra essere una guardia del corpo fatta e finita se ne accorge e fa uno sguardo preoccupato, mentre il giovanotto si attarda un po' troppo sul carisma di Tanit per rendersene conto, come non coglie lo sguardo di fuoco che cerca di bruciarlo lì sul posto.

Il momento di silenzio viene subito interrotto dal ragazzino smilzo che raddrizza le spalle e si presenta: "Porgo le più sentite condoglianze da parte di Fender, mio padre, che è purtroppo bloccato a letto da una triste malattia, ma conosceva e stimava le innumerevoli qualità di..."

Hayat perde immediatamente il filo del discorsetto preparato e ben esposto da uno che ha proprio l'aria di aver studiato e di aver avuto i soldi per farlo nella maniera più comoda. L'alchimista, fa uno sbuffo interiore e poi stringe meglio le cinghie della spada che porta al fianco per poi lasciar vagare lo sguardo sul gruppo riunito mantenendo solo il minimo dell'attenzione.

Viene attratto solo quando il discorso sembra essere concluso e la loro ospite commenta con un tono che potrebbe sembrare scherzoso se non fosse un momento tanto grave:

"Mi ricordo di vostro padre... voi mi sembrate, beh, molto giovane rispetto alla sua veneranda età."

Chissà che sorpresa per la moglie trovarsi incinta, allora. Pensa Hayat dispettoso e già un po' annoiato da tutte queste formalità.

"Sono il generoso dono alla fine di una lunga vita intensa, madame." il giovane fa un cenno verso il suo misterioso compagno e lo presenta: "Sono accompagnato da Ren, la mia guardia del corpo."

Ormai è chiaro che nessun altro vorrà ad assistere all'ultimo viaggio del professore e quindi tocca a loro trasportare la bara a spalla dentro il cimitero fino all'ultima dimora.

Come se non fosse già tutto abbastanza strano, Leo sfodera lo spadone e lo pianta davanti a sé cominciando poi a salmodiare sottovoce. Quando Hayat vede la sua guardia del corpo fare un passo indietro si affretta a far indietreggiare anche Tanit prima che capiti qualcosa di brutto.
Via via che la preghiera sussurrata va avanti, si può vedere un'armatura materializzarsi attorno e addosso al ragazzino che sembra prendere forza e potenza dalla struttura. Una volta che l'apparizione è completa, Leo si considera pronto e si avvicina per fare la sua parte nel trasporto della salma. Ovviamente il suo servitore si fa avanti e con Hayat e Abigail i portatori sono in numero sufficiente.

Il mesto gruppetto si inoltra nel cimitero. L'atmosfera è quella cupa di una giornata di fine autunno, con la nebbiolina che accarezza le lapidi ricoperte di muschio e con le scritte quasi illeggibili per il trascorrere del tempo. Kendra sembra incedere con dignità ma l'atteggiamento dell'amica, l'inquisitrice, sembra essere pronto a sostenerla se da un momento all'altro dovesse cedere.

I viottoli di ghiaia si inoltrano nel cimitero in leggera collina e l'erba sembra ricoprire ogni sepoltura. Hayat non fa caso a niente se non seguire l'ondeggiare del vestito bianco di Tanit davanti a lui mantenendo al contempo il ritmo con i suoi compagni per il trasporto della bara, però non gli sfugge il sussurro che proviene da Ren in direzione del suo padrone: "Quella tomba ha la terra smossa... questo non è un luogo di riposo eterno."
Hayat sente scorrere un brivido gelido giù per la schiena. quanto odi questa situazione non lo sa proprio dire.

Ad un tratto delle sagome si spostano rapide nella nebbia e tutti i sensi di Hayat si attivano. Lo rassicura però sentire che anche i suoi compagni si preparano a qualunque cosa stia per succedere. 
Proprio quando sembra che non succederà niente e questa povera ragazza potrà seppellire suo padre in pace, si para davanti al corteo un gruppo di villici che brandiscono forconi e torce come nella migliore tradizione della caccia alle streghe.

"Non seppellirete un necromante con la nostra brava gente... noi ve lo impediremo!"


Ecco, mancavano solo i fanatici in questa bella giornata del cavolo, pensa Hayat mentre controlla la situazione con un'occhiata.



giovedì 5 marzo 2015

Cap. UNO in cui accompagnamo i nostri eroi sulla strada per Ravengro

Per Hayat la cosa più difficile da fare è uscire dal letto, tutto il resto poi va in discesa.

Rivestirsi con i colori sgargianti tipici della sua gente e con i monili colorati che colleziona da quando è un ragazzino lo mette sempre di buon umore; meno divertente è il momento in cui Tanit ricopre la sua pelle completamente nera, ma non è che se ne può sempre andare in giro senza niente addosso.
Tanit sceglie di vestirsi di bianco per il funerale, rinunciando al suo solito rosso intenso. Hayat trova estremamente affascinante la costante ricerca di colore della sua compagna. I colori naturali della razza di Tanit sono quelli dell’ombra, cioè il nero, il grigio e il bianco perlaceo e lei, assolutamente controcorrente, veste colori sempre accesi e, non contenta, ha tinto i capelli, naturalmente bianchi, di un rosso squillante.

L’alchimista non riesce a smettere di guardarla eppure sembra che, la maggior parte delle volte, l’oracolo nemmeno se ne accorga. Solo l’accendersi e spegnersi delle candele attorno a lei e uno svolazzare minaccioso delle tende fa capire che qualcuno  sembra essersi reso conto dell’interesse dell’ifrit.

Tanit ha finito di prepararsi e Hayat, che ha raccolto tutto il necessario per il suo laboratorio alchemico, decide che possono avviarsi verso la triste incombenza.

La giornata non sembra promettere niente di buono già dal clima. Il cielo è color grigio piombo e una nebbiolina serpeggia nella brughiera che costeggia la strada che percorrono.

Avvicinandosi alla cittadina scorgono il fiume che abbraccia il borgo e sembra delimitare il confine tra la civiltà e la brughiera misteriosa e cupa. Quando attraversano il ponte i due ragazzi scorgono una statua imponente di un uomo massiccio con un minaccioso manganello in mano che sembra quasi redarguire le ultime case strette una all'altra per non subire il giusto rimprovero.

“Hayat, chi è quel tipo?”

La voce armoniosa di Tanit scuote Hayat dai suoi pensieri che volano via come scintille nel vento. L’ifrit non ha la più pallida idea di chi sia quel bel tizio, ma non resiste alla tentazione di farsi un po’ bello con la sua ragazza e, soprattutto, divertirsi un po’ con una storia inventata.

“Devi sapere, cara la mia Tanit, che quello che chiami tipo in realtà era un famoso brigante che, ravvedutosi dopo che una bella fanciulla lo aveva pregato di risparmiarla, si è messo al servizio di questa cittadina per difenderla dai malintenzionati.”

Tanit gli regala uno di quei sorrisi sognanti a metà tra estasi e ironia, il cui segreto intriga Hayat e gli accende i pensieri. Il ragazzo risponde al sorriso e proseguono senza parlare fino a quando non vedono le prime case avvicinarsi.

Ravengro viene incontro ai due giovani con quell’aria cupa che prendono le cittadine quando l’entusiasmo della fondazione e la floridezza dei commerci lascia spazio a presagi cupi e fatti di sangue misteriosi. Il borgo è minuscolo, tutto stretto attorno ad una piazza circolare; la cittadina e i suoi dintorni sono deserti e i loro passi risuonano sul selciato. Hayat si sente strisciare addosso una sensazione sgradevole di pericolo imminente, ma forse è solo il freddo e la nebbia che lo fanno sentire a disagio. Anche le presenze attorno a Tanit sembrano in attesa di qualcosa, ma forse è solo Hayat che proietta tutto il suo malessere.

“Hai lasciato una lettera a tuo padre?” chiede quasi in un sussurro, come se non l’avesse vista scrivere di suo pugno una breve messaggio al padre e non l’avesse lasciato lui stesso in bella vista in cucina in attesa del  ritorno del suo mentore e guida, insomma l’unico adulto di cui Hayat si sia mai fidato.

“Sì.” Risponde laconica la ragazza persa nei suoi pensieri. Hayat non ha paura dei suoi lunghi silenzi e delle risposte stringate. Nemmeno lui è mai stato di tante parole ed è convinto che loro abbiano ben altri modi di comunicare.

“Ma cos’è capitato al tizio morto?” Hayat ha bisogno di parlare con lei, per combattere il freddo che sente dentro il cuore e la sensazione di pericolo incombente che sente premere su di loro.

“E’ morto, mio cuore.”  Il sussurro di Tanit potrebbe sembrare venato di ironia, ma Hayat è certo che Tanit non sia mai ironica, solo estremamente letterale in alcuni suoi commenti.

“Come?” la incalza il ragazzo.

“Come ha voluto il suo destino…” l’occhiata innervosita di Hayat fa sospirare Tanit e la convince a proseguire. “L’hanno trovato con la testa fracassata da una gargolla caduta dal muro di un vecchio edificio spaventoso…”

“Alla faccia del destino! Cosa ci faceva in quel posto da brividi?” Hayat, nella sua giovinezza scapestrata, ne aveva visitati di posti da incubo, ma la vecchia prigione, con i suoi fantasmi e la sua storia di dolore e pazzia, lo turbava più di quanto dovrebbe farsi spaventare un adulto, un alchimista, un eroe!

“Kendra, la figlia, non è entrata nei dettagli ma ha riportato  le voci che giravano su suo padre prima che morisse. Si diceva in giro che si dilettasse di necromanzia, come se fosse minimamente possibile.”

Tanit sottolinea con forza l’assurdità di queste chiacchiere. Di solito l’oracolo sembrava essere sfiorata per sbaglio dalle vicissitudini terrene, come se fosse proiettata sempre su altri piani, in contemplazione di altri misteri. Poche cose l’agitavano e una di queste era la sicurezza delle persone che amava, tra cui suo padre, l’unica figura parentale rimastale dopo la morte della madre, Hayat, l’unico che sembrava essere ammesso nel suo riservatissimo spazio vitale e, adesso, questo Petrus Lorrimor di cui Hayat non aveva sentito parlare prima ma che deve essere stato una figura importante nell’infanzia della sua compagna.

Qualunque cosa li aspettasse c’erano dentro tutt’e due fino alla punta scintillante dei capelli di Hayat.


sabato 14 febbraio 2015

Prologo



Hayat si sveglia con un sapore acido in fondo alla gola. Non è il solito sapore di nottata in laboratorio tra intrugli e pozioni alchemiche. Quello è un bel sapore, è uno dei pochi sapori giusti nella sua vita. L’altro è il sapore di Tanit che gli resta sulla punta della lingua quando il mondo scompare, gli spiritelli tacciono e il padre della sua ghermita preferita se ne sta fuori dai piedi abbastanza a lungo da far loro passare un paio d’ore di tempo piacevole.

Ecco,  quell’amaro in fondo alla gola viene, in qualche modo, dalla lontananza del padre di Tanit e dalla cocciutaggine della sua compagna. 

La discussione era durata un bel po’ e Hayat, come al solito, aveva detto cose di cui si era pentito un secondo dopo che le parole erano uscite dalla sua boccaccia rovente e Tanit, come al solito, aveva veleggiato sopra le parole più dure come una lieve brezza che passa e non si scompone per niente.
La causa della discussione la poteva vedere persino dal letto in cui era ancora sdraiato nonostante l’alba fosse già sorta da tempo. Una lettera, un semplice pezzo di carta in una busta aveva scatenato la tempesta che ancora faticava a placarsi. La lettera di una certa Kendra Lorrimor che annunciava la morte di suo padre e indicava Tanit come una degli esecutori testamentari.

Ha significato molto per me e per mio padre quand’ero piccola.

Hayat sente brani della discussione della sera precedente.

Sì, ma è stato un secolo fa… adesso è morto, non voglio che ti immischi.

Ecco, nemmeno adesso, nella sua testa, suona bene. Suona più come una cosa che direbbe un marito geloso e possessivo e non vuole questo per loro. La gente come loro non ha bisogno di essere sopraffatta dai propri simili. 

Mi chiede solo di onorare la memoria di suo padre, è importante salutare chi giunge alla fine del proprio ciclo.

Tanit è così, ha una visione molto eterea della vita. Essendo sempre in contatto con un mondo oltre la soglia, sembra relazionarsi con il materiale in maniera quasi svagata.

Non è il funerale che mi preoccupa, è questo doversi occupare degli affari di un morto ammazzato che non vedi da quando eri poco più di una palletta d’ombra.

Tocca poi sempre a lui farle tornare i piedi per terra e anche stavolta, nonostante gli costi dover contare sull’aiuto degli altri, sa quali sono le parole giuste da dire per convincerla.

Aspetta che torni tuo padre, vedrai se non mi dà ragione sul fatto che sia una pessima idea!

Io credo invece che mi esorterà ad andare!

Beh, io ho detto che non ci andrai e, cascasse il mondo, non ci andrai.

Probabilmente era stato lo sguardo lievemente ferito negli occhi completamente bianchi di Tanit a fargli venir voglia di mangiarsi indietro ogni sillaba pronunciata… e l’impossibilità di farlo gli aveva lasciato quell’amaro gusto di sconfitta in fondo alla gola.

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Hayat non sarebbe stato in grado di spiegare nemmeno a se stesso cosa lo turbasse tanto di questa lettera improvvisa. Sentiva solo che c’era qualcosa di perfettamente sbagliato in questa morte così misteriosa. Un professore interessato alle arti oscure che muore schiacciato da una gargolla caduta dal tetto di casa sua. Subito dopo si scopre che ha lasciato scritto nel suo testamento di convocare come esecutori un gruppo eterogeneo di persone che non si conoscono tra loro. Puzza peggio di un laboratorio alchemico di un principiante.

Non era, come diceva Tanit, il ciclo della vita che gira e si ricompone sempre in modi misteriosi. Era un puzzle a cui mancavano troppi pezzi perché ci si potesse fidare della prima impressione. 

E Hayat non voleva mettere in pericolo Tanit, perché era certo di poche cose nella vita, una di queste era che la amava abbastanza da volerla al sicuro, e l’altra era che se Tanit avesse sofferto, Samar, suo padre e mentore di Hayat, lo avrebbe fatto bollire vivo con una delle sue pozioni letali.

Perché Samar aveva scelto proprio quel momento per partecipare ad un incontro tra alchimisti? Hayat odiava doverlo ammettere, ma  in quel frangente sentiva la mancanza della sua guida e della sua presenza paterna. Ovvio che essere pensionante del tuo professore di Alchimia e contemporaneamente una presenza costante nel letto di sua figlia aveva creato qualche tensione e molti imbarazzi… soprattutto da parte sua, perché la famiglia di Tanit sembrava ormai assuefatta alle stranezze della vita. 

Comunque gli mancava, perché avrebbe sicuramente fatto ragionare Tanit e tutto si sarebbe risolto per il meglio. Perché loro non dovevano assolutamente andare, assolutamente no.

¬@¬

“Hayat? Mia luce?”

La voce di Tanit lo richiama dal lieve ottundimento provocato dal tepore delle coperte. Quando l’ifrit apre gli occhi se la trova davanti in tutta la sua grazia ultraterrena. La pelle del corpo completamente nera, i capelli rossi come la fiamma sotto un alambicco, gli occhi bianchi che guardano lontano… Hayat riesce sempre a rimanere a bocca aperta quando la guarda.

La visione idilliaca è però rovinata da uno sfarfallio al limite della visione periferica e dal lancio di suppellettili da parte di invisibili presenze che aleggiano attorno a Tanit; oggetti che l’ifrit schiva con la forza dell’abitudine e della rassegnazione. Gli spiriti che infestano Tanit sanno essere estremamente irritanti la mattina appena sveglio.

“Sono qui, mia vita!”
 
Hayat allunga un braccio fuori dalle lenzuola e il tintinnio dei suoi bracciali attrae l’attenzione di Tanit nella penombra della stanza. Nonostante le apparenze, gli occhi di Tanit funzionano perfettamente, è un’altra la condanna che l’essere Oracolo le ha assegnato. Raggiunge quindi senza problemi la mano di Hayat e intreccia le dita con le sue. L’ifrit la vede chinare il capo come in ascolto… ormai ci ha fatto il callo e gli spiriti che accompagnano Tanit sin dalla sua nascita non turbano più il ragazzo. Lui resta in attesa fino a quando Tanit con un piccolo cenno di intesa viene congedata dalle presenze invisibili.

“L’ho sognata ancora…” sussurra con un tono sorprendentemente più pressante del solito. Hayat sa già di cosa sta parlando, ma sa che la giovane è molto in ansia per questi sogni, così la lascia raccontare stringendole la mano per darle un po’ di conforto.

“Inizia sempre con quel senso di oppressione degli incubi. E’ totalmente buio e nell’oscurità sento sghignazzare prima lontano e poi vicino. Una presenza mi sfiora e poco dopo sento vomitare oscenità in un punto imprecisato davanti a me. Qualcosa mi tira i capelli e una cosa viscida mi striscia tra i piedi. In sottofondo una canzoncina canticchiata da un demente e lontano sempre più fievole il pianto di una ragazza che si dispera come qualcuno che ha perso tutto e non ha nessuna speranza.”

La giovane fa una piccola pausa per fare un sospiro e, contemporaneamente, un paio di candele guizzano e poi si spengono come per dare un segnale. Hayat sa come si conclude il sogno, si è svegliato troppe notti accanto a Tanit che ripeteva come un’ossessa quelle parole per non ricordarsele.
“Mi sveglio con le urla di quella ragazza che invoca: Livar, perché mi hai lasciato?”

Hayat stringe più forte la mano di Tanit e, mentre lo fa, vede lo sguardo di lei guizzare verso la lettera sul tavolino. Vorrebbe non fare il collegamento tra questi sogni ricorrenti che hanno la forza di un ricordo e questa lettera arrivata inaspettata. Eppure, nonostante ogni scintilla del suo corpo strepiti contraria, è la sua Tanit a chiederglielo. 

Balza fuori dal letto, spogliato ormai di ogni ritrosia, e chiede: “Allora, quando partiamo?” e subito dopo: “Tuo padre mi ucciderà!”