venerdì 6 gennaio 2017

Cap. DIECI in cui la prigione svela qualcuno dei suoi segreti

La mattina dopo Tanit si rende conto che non bisogna perdere neanche un minuto e la tavoletta viene interrogata di nuovo. L'oracolo sente una tempesta di voci rabbiose che cercano di strapparle ogni briciola di sanità mentale. Deve contare su tutto il suo sangue freddo per porre la questione. Alla domanda: "Quante infestazioni ci sono nella prigione?" gli spiriti rispondono "Una ventina"; a questa informazione si aggiunge una voce di donna che sembra stremata e continua a ripetere che non ce la fa più, che non ha la forza per contrastarli tutti.
Tanit è molto toccata da questa presenza che sembra essere così stanca e alle prese con un compito troppo gravoso per le sue forze.

Con l'angoscia per la sorte di questo spirito che chiede sostegno e aiuto in una lotta impari il gruppo torna alla prigione. Sorprendentemente varcare di nuovo il cancello non pone nessun problema agli avventurieri anche se un brivido scorre sulla pelle di Ren. 
Un volta giunti vicino alla porta d'ingresso lo sguardo di tutti è attratto dal balcone che sovrasta l'ingresso sbarrato. Il balcone è chiaramente pericolante e alcuni calcinacci sono a terra sui gradini d'ingresso a segnalare l'instabilità della struttura.
"Un soffio di vento più forte e quello viene giù come un castello di carte..." borbotta Hayat celando a stento la sua apprensione. 

Non che ci siano delle altre entrate più sicure: a sinistra del portone ci sono delle scale pericolanti che si arrampicano sul fianco della costruzione fino al balcone sovrastante, e a destra qualsiasi possibilità di salire è crollata nella palude che sta piano piano ingoiando un lato della prigione. Tutto l'edificio è ricoperto da un'edera nera che potrebbe essere anche usata per arrampicarsi se non avesse un aspetto davvero sinistro.

Tanit decide, per il bene di tutti, di usare un incantesimo per aprire la porta, quindi, dopo qualche secondo, si apre uno spiraglio sul buio della prigione.
Il silenzio cade sulla prigione e su tutto il circondario, o così almeno sembra ad Hayat. Tutto appare come congelato in quel attimo quello poco prima del rimbombare di un tuono o dell'abbattersi di una tragedia su un gruppo di sventurati pellegrini.L'alchimista non è molto bravo a sopportare l'attesa e quindi, dopo aver dato una bella scrollata ai suoi bracciali per confermare di non essere diventato sordo, si avvia di buon passo nel portico e poi dentro la prigione.

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La porta dietro di lui sbatte così forte che pezzi di intonaco cadono sul pavimento di pietra e immediatamente dopo tutte le porte del minuscolo vestibolo si chiudono una dopo l'altra senza che un alito di vento sfiori il ragazzo.
Volti deformati dal fuoco e dalle urla di agonia invadono immediatamente il campo visivo dell'avventuriero aggredendolo e solo il terrore paralizzante non lo fa fuggire alla vista di quell'inferno in terra.

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Quandi la porta si chiude con fragore alle spalle di Hayat il primo istinto della chierica è quello di abbattere la porta a spallate. Il colpo non riesce, ma quello che la preoccupa di più è il coro infernale di urla e gemiti che si sente anche attraverso il pesante uscio di legno.
Nemmeno Tanit con un incantesimo è Ren con la catena chiodate riescono nell'intento, anzi, le continue scosse fanno tremare il balcone sovrastante e alcune pietre colpiscono Abigail. Il gruppo si deve ritirare più lontano per non rischiare maggiori danni.
Una breve consultazione fatta di sguardi e poi Leo carica a testa bassa e spada in pugno la porta che si arrende infine all'eroe.

Quando irrompe nel piccolo vestibolo ha appena il tempo di registrare la mancanza di alcun pericolo e gli occhi sbarrati dell'alchimista, che questi, allungando teatralmente una mano come per fermare un'orda di spiriti ululanti, pronuncia con voce cavernosa:

"Placatevi, creature. Le vostre sofferenze sono finite da tempo. Trovate pace."

Poi si volta verso Leo che si sta togliendo dai capelli le schegge di legno e con una noncurante scrollata di spalle lo aggiorna:

"Qui era pieno delle anime delle vittime di un incendio."

"Ne prendo atto." risponde l'altro scrollandosi di dosso gli ultimi pezzi della porta.

Anche Tanit, entrando, conferma: "Sento urla e maledizioni nella mia testa... gli spiriti di questa prigione non sono in pace, ma odiano e si sentono abbandonati."

 "Ci aspetta una passeggiata di salute..." chiosa fatalista Leo.

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Dopo aver abbattuto anche le porte interne a spadate, il gruppo comincia l'esplorazione della prigione.

"Sento anime inquiete su questo piano, ma dal piano superiore e inferiore sento concentrazioni inaudite di malvagità..." sussurra l'oracolo a beneficio del gruppo. Ognuno stringe i propri amuleti e le proprie armi e continua circospetto a guardarsi in giro.
La prima porta che Leo apre è quella di una grossa aula, infatti ammonticchiate sul fondo ci sono una serie di panche. Molto probabilmente è il luogo dove i condannati ascoltavano la loro infausta sorte... impressione data anche dall'enorme ondata di gelo sovrannaturale che investe il giovane un attimo prima che questi richiuda la porta.

Nel frattempo l'alchimista percorre un corridoio molto  meno austero che sembra condurre nella parte dedicata alle stanze del direttore. In fondo trova un portone di metallo chiuso da un catenaccio  a cui dà un'occhiata circospetta e poi chiama Ren per disattivare le possibili trappole.

Quando la porta si apre, il gruppo entra in quello che chiaramente è l'ufficio del direttore.
"Qui gli spiriti tacciono..." sussurra Tanit con un misto di sollievo e circospezione. La stanza versa in uno stato di abbandono precipitoso. La scrivania ingombra di carte ormai marcescenti, armadi con le ante spalancate su vuoto, muffa e topi... solo la cassaforte resta serrata a proteggere i segreti della prigione. Protezione che dura solo il tempo di una preghiera, perché Ren la scassina e ne mostra il contenuto.
Come c'era da aspettarsi è piena di documenti legali come mandati di cattura, scarcerazioni e identikit di ricercati. Tra le varie carte si trovano anche informazioni sui criminali morti nell'incendio che mise fine alla prigione e alla vita del direttore.

Note sparse sui criminali più efferati ospitati ad Harrowstone

Vance Saetressle, conosciuto come Il Boia. Conosciuto soprattutto per la sua preferenza per i luoghi bui da cui saltar fuori per decapitare con l'ascia le sue vittime. La sua ascia è custodita nella prigione.

Pifferaio di Illmarsh, nome ignoto. Conosciuto per paralizzare le proprie vittime con polvere di Lich e accompagnare i suoi efferati delitti con una lugubre nenia. 

Ispin Honixudgel, Il Predatore. Artigiano benvoluto e marito fedele finché non scopre il tradimento della moglie a cui spacca la testa con un martello. Preso dal rimorso e dalla follia cerca di ricostruire il teschio della moglie usando pezzi di altre vittime.

Hean Feramin, Il Sanguinario. Professore di antroponomastica. Un rapporto casuale con una succube distorse e rese ossessivo il suo studio. Studiò il potere del nome, si dice che scrivesse il nome della sua vittima una lettera alla volta e al compimento della scritta succedessero cose terribili.

Sefick Corvin, Padre Ciarlatano. Non si hanno notizie di omicidi, ma tutte le chiese dell'Ustalav hanno chiesto a gran voce la punizione di questo criminale. E' stato un truffatore itinerante, quando è stato scoperto i suoi aiutanti, cultisti di una divinità oscura, hanno fatto una strage di guardie. Sono conservati i suoi simboli sacri.