lunedì 11 maggio 2015

Cap. TRE in cui le rogne trovano... rogne!

"Non seppellirete un necromante con la nostra brava gente... noi ve lo impediremo!"

E se tra gli avventurieri scorre un brivido di anticipazione alla lotta, Kendra, povera fanciulla innocente, sembra proprio non capire cosa stia succedendo.

"Cosa state dicendo? E' mio padre... lo conoscevate tutti." Si volta accalorata verso la donna che l'aveva accompagnata fino lì per avere il suo sostegno. "Abigail, cosa succede? Diglielo anche tu che è mio padre che stiamo seppellendo e che lui non era un necromante!"

Il gruppo di paesani si avvicina minaccioso, Abigail suggerisce ai portatori di appoggiare la bara e si rivolge al gruppetto che sbarra la strada.

"Le vostre parole non vi fanno onore. Petrus Lorimmor è stato un dedito consigliere della città e non ha mai negato il suo aiuto alla comunità."

I villici non sembrano per niente colpiti e si fanno ancora avanti. Hayat sente Leo sussurrare di sfuggita alla sua guardia del corpo: "Non uccidere nessuno, per favore."

Hayat sorride tra sé preparandosi a qualunque cosa stia per succedere. Peccato che succeda quello che lui teme di più: Tanit si fa avanti noncurante delle roncole impugnate, dei rastrelli agitati, dei forconi in bella vita ed esclama con la sua solita aria innocente.

"Vi sbagliate, non può essere un necromante! Se non lo so io..." sottolineando la sua affermazione con l'agitarsi delle fronde per una brezza fantasma.

Questo intervento non corporeo non aiuta a calmare gli animi che sembrano, anzi, più esagitati. Quello che sembra il capo e il portavoce del gruppo affronta Kendra di petto e le sibila: "Brutta strega esci da nostro cimitero!" prima di assestarle un colpo che la fa crollare a terra priva di sensi.

Abigail reagisce immediatamente all'aggressione e sfodera la spada con intenti decisamente bellicosi. Hayat, agendo di puro istinto, si avvicina a Tanit per proteggerla e calmare gli animi, sperando, nel contempo, di non dover tirare fuori le sue preparazioni alchemiche per sedare quello che potrebbe essere solo il più grande fraintendimento della storia di questo villaggetto.

Abigail sembra avere un modo tutto suo di redimere le controversie a colpi di spada e il contadino ferito molla immediatamente l'arma prima di farsi davvero male. Gli altri però non sembrano aver appreso la lezione e un altro abitante del villaggio viene abbattuto da un pugno ben assestato dal ragazzino che sembrava tanto gracilino, ma con quella armatura addosso si sa far rispettare.

A questo punto, quando sembra che la prossima mossa sarà quella di darsela di santa ragione, Hayat vede Tanit raccogliersi un momento in preghiera e poi una voce ultraterrena sembra tuonare dal cielo:
"Questo è un affronto ai miei luoghi, lasciate questo luogo a me sacro e permettete le funzioni del trapasso!"

Questo getta i cittadini in un timore reverenziale e scatena un fuggi fuggi generale. Solo un attaccabrighe, meno impressionabile degli altri, resta saldo nella sua giusta riprovazione e attacca Leo. A quel punto, in uno svolazzare di sottane e d’indignazione, si presenta il sacerdote della comunità che fa allontanare i facinorosi e gli spettatori facendo così ritornare l'ordine.

Il gruppo controlla la situazione e, se gli altri possono aver notato le condizioni mentali del capo dei villici indignati, Hayat ha intercettato lo sguardo di Leo che si attarda sulle grazie di Tanit e per un momento vede solo fuoco e fiamme.
Quando si riprende sente il padre spirituale tentare di giustificare l'attacco: "Non fate caso a questa gente, sono ignoranti. Sono cresciuti con le leggende sui fantasmi della prigione e qualunque cosa esca dall'ordinario li destabilizza."

Il gruppo si astiene dal commentare e, una volta presa di nuovo la bara, si avvia verso la fossa dove si trovano i notabili del villaggio che hanno preferito non immischiarsi e non schierarsi. Hayat si sente ribollire per l'indignazione per la codardia e la pusillanimità altrui, ma poi Tanit lo richiama alla solennità del momento. "In questo momento di passaggio" esordisce l'oracolo "vorrei ricordare la bontà del caro Petrus, la capacità di accogliere chiunque e coglierne i lati migliori. Non dimenticherò mai quello che ha fatto per me e mio padre."

 Leo prende poi la parola leggendo il discorso preparato dal padre; decisamente è un linguaggio che i notabili capiscono e apprezzano di più e le reazioni sono molto positive. La chierica aggiunge il suo pensiero manifestando più emotività di quanto Hayat potesse riconoscerle: "Oggi abbiamo perso un protettore e una guida."

La cerimonia si conclude senza altri incidenti e, dopo le condoglianze di rito, la piccola folla si disperde lasciando il gruppo alle prese con la questione del testamento.

Kendra guida il gruppo verso la propria casa dove sarà aperto il testamento. Durante la passeggiata che fa loro attraversare il borgo, Hayat e Ren, la guardia del corpo del ragazzino, si rendono conto che le bambine che stanno saltando la corda canticchiano una filastrocca che fa gelare il sangue nelle vene. Riescono a cogliere solo qualche parola come tagliata ormai la testa, spacca cranio...  e quando chiedono alle bambine di ripetere la filastrocca queste li guardano terrorizzate e scappano via come passerotti dopo uno sparo.

Hayat archivia l'episodio nel cassetto delle stranezze, che, da quando è arrivata quella lettera, sta riempiendosi velocemente, e segue il gruppo fino alla casa di Kendra.

Quello che li accoglie è un tipico cottage che si trova ovunque in quella zona, una casa a più piani, con i mattoni a vista e l'edera rampicante a incorniciare le pareti. Tutto dà l'impressione di dignità e accoglienza e Hayat pensa che, tranne la mancanza di un laboratorio alchemico sul retro e delle macchie di colore un po'ambigue frutto di esperimenti fantasiosi, potrebbe essere senza problemi la casa di Samar e Tanit.

Una volta entrati in casa il ragazzino fa evaporare la sua armatura che scompare in uno sbuffo aggraziato di nebbia traslucida. Anche l'interno manifesta accoglienza, nonostante la situazione dolente, e Kendra si dà subito da fare per dare il benvenuto ai suoi numerosi ospiti. Nel frattempo arriva anche Vasian, il notaio del paese, che manifesta la sua disapprovazione con un'occhiata gelida per tutti questi estranei in faccende che dovrebbero rimanere private.

Una volta che tutti si sono sistemati la chierica intercetta uno sguardo perplesso di Kendra che si affretta a spiegare che, di tutto il gruppo di amici del padre, manca una persona e non sa spiegarsi il perché.
Il notaio prende atto ma decide di iniziare la lettura del testamento come se volesse sbrigarsi e uscire il più velocemente possibile da quella casa.
Nel silenzio carico di attesa Hayat si avvicina di più a Tanit perché in tutta questa storia fa fatica a non stare sempre all'erta. Non fa in tempo ad accostarsi che un libro cade alle spalle dell'oracolo calamitando tutti gli sguardi su di lei che si scusa con un lieve cenno del capo. Non appena sembra tornare la calma e il notaio tira fuori il contenitore con le ultime volontà, una porta sbatte al piano superiore. Tanit questa volta si sorprende e assicura che non è colpa sua e tutti possono vedere come Kendra, il notabile e il sacerdote si guardano attorno come se non fosse la prima volta che assistono a questo tipo di fenomeni inspiegabili.

Con una scrollata di spalle ben poco elegante, il notaio liquida l'evento e dà lettura al testamento. La sostanza è che Petrus lascia la casa a sua figlia e assegna una somma a ognuno dei suoi amici, o a coloro che li rappresentano, con il vincolo di prestare assistenza per un mese a Kendra e consegnare i libri presi in prestito ai rispettivi proprietari.

Una volta accettata l'eredità e confermato il supporto alla ragazza, il gruppo viene benedetto frettolosamente dal sacerdote e il notaio se ne va in fretta borbottando riguardo un altro impegno improrogabile.

A quel punto Tanit offre il suo aiuto per qualsiasi bisogno possa avere la povera Kendra.

"Penso seriamente alla possibilità di vendere questa casa e trovarmi un posticino più tranquillo... la mia famiglia non ha più grande seguito in questo paese." sospira la ragazza.

"Credo che se è tuo destino lasciare questa casa i segni appariranno..." concorda Tanit e poi, rivolgendosi alla chierica, si presenta: "Non abbiamo avuto occasione di presentarci prima. Io sono Tanit e sono un Oracolo. Visto il tuo medaglione posso ipotizzare una tua appartenenza a Serenrae?"

"Io sono Abigail e, come ben hai notato, sono una chierica di Serenrae. Credo che tuo padre frequentasse il mio... sei la figlia di Samar, vero?"

Tanit asserisce con un elegante cenno del capo a cui Abigail risponde con un minuscolo sorriso.  Forse non è così terribile, pensa Hayat in un moto di generosità nei confronti della chierica.

Ren, nel frattempo, si è avvicinato a Kendra e, con l'aplomb di un gentiluomo di altri tempi, le chiede.

"Signorina, dov'è la sua servitù? E' sola in questa casa?"

Domande che provocano una discreta costernazione e imbarazzo nella ragazza che deve ammettere a malincuore di occuparsi da sola della casa.

Hayat pensa che quel tipaccio doveva avere un'idea particolare degli approcci galanti.

Kendra, per sfuggire all'imbarazzo, scorta il gruppo nella camera da letto di suo padre in cui sono racchiusi tutti i suoi libri e i suoi studi. Le candele si spengono ogni volta che Tanit ci passa davanti e l'oracolo si scusa a nome dei suoi spiriti. Fa comunque un certo effetto spettrale questo vacillare e spegnersi di lumi via via che il gruppo avanza nella casa.

Una volta arrivati nella stanza, Kendra trae da sotto il letto un baule con una serie di tomi dall'aria antica e sapiente e un libro meno consumato con la più classica delle indicazioni: LEGGIMI ORA.

E', senza alcun dubbio, il diario di Petrus. Forse la lettura dei suoi appunti potrebbe fare luce in qualche modo sulla sua morte.

Mentre Leo e Ren sfogliano il diario, Hayat dà un'occhiata agli altri libri. Sono trattati di varia natura e ogni libro è etichettato con il nome del professore a cui appartiene. Quindi restituire al proprietario il dovuto non sarà impossibile.

Kendra liscia con accuratezza le pieghe del letto di suo padre prendendosi un momento solo per sé e Hayat, che non prova tutto questo affetto per i propri genitori, sente una piccola punta di commozione guardandola rendersi conto di essere completamente sola.
Prima però che possa farsi avanti per offrire il suo supporto, Kendra raddrizza le spalle, prende fiato e racconta gli ultimi giorni di suo padre.


"Petrus, mio padre, negli ultimi tempi era estremamente preoccupato. Aveva persino cominciato a nascondere il suo diario. Passava tutte le notti fuori a fare misurazioni e studi. Finché una mattina non tornato a casa e l'hanno trovato con la testa fracassata accanto ad un muro del manicomio bruciato." fa un piccolo sospiro dolente e poi continua. "Non so quanto ne sappiate della brutta storia della prigione. Una cinquantina di anni fa il manicomio criminale andò a fuoco e il direttore si immolò perché i pazzi criminali non scappassero. Morì lui assieme alla moglie ad alcune guardie. Da allora si racconta di presenze misteriose attorno alle rovine." 

lunedì 13 aprile 2015

Cap. DUE in cui i nostri eroi accompagnano il defunto e incontrano rogne

Hayat si aspettava che davanti al cancello del cimitero ci fosse molta più gente, perché aveva avuto l'impressione che il defunto fosse una personalità.
Invece ad attendere il carretto che porta la bara c'è solo uno sparuto gruppo di persone che sembrano essersi trovate lì per caso.
A parte Tanit, non conosce nessuno, ovviamente.
Di fronte a loro si trovano due personaggi alquanto mal assortiti, un biondino mingherlino vestito riccamente che trasporta una spada che sembra pesare quanto lui;  accanto al giovanotto un figuro di qualche anno più anziano tutto intabarrato nel mantello con un'aria decisamente marziale.

Hayat fa appena in tempo a dare un'occhiata veloce ai due ragazzi prima che il carro con il suo triste trasporto si presenti. Alla testa dello scarnissimo seguito c’è una giovane donna affranta che Tanit identifica a bassa voce: "Lei è Kendra, la povera figlia del professore... chissà chi è la donna che l'accompagna?"
Effettivamente la ragazza molto pallida ha accanto una donna con un'aria risoluta, un ciondolo ben visibile di Sarenrae e una spada al fianco che la identificano come un’inquisitrice.

Ci sarà da divertirsi, pensa mesto Hayat provando ad immaginare tutto quello che può passare per la mente ad una devota un po' troppo fervente davanti a quelli come Tanit e lui.

Quando il carretto si ferma alle porte del cimitero, Kendra sospira rendendosi conto di quanto scarna sia la compagnia che accompagnerà suo padre nell'ultimo viaggio. Raccoglie tutta la sua dignità e si rivolge al gruppo.

"Vi ringrazio di essere qui in questo momento così penoso, per portare l'ultimo saluto a mio padre." Fa una piccola pausa imbarazzata e poi si rivolge a Tanit.

"Tu devi essere Tanit, mi ricordo di quando eri bambina e accompagnavi tuo padre... Grazie per essere venuta. Ma non credo di conoscere il tuo accompagnatore."

Tanit volta appena gli occhi verso Hayat e gli dedica un sorriso caldo, poi si volta e lo presenta.

"Lui è Hayat Firehood, il mio compagno di vita. Mio padre non è potuto intervenire perché ė ad un incontro tra alchimisti, ma, se l’avesse saputo, sarebbe venuto a rendere omaggio in questo momento di passaggio."

Le parole dell'oracolo sono sottolineate dallo sventolio del suo vestito nell'assoluta immobilità dell'aria; quello che sembra essere una guardia del corpo fatta e finita se ne accorge e fa uno sguardo preoccupato, mentre il giovanotto si attarda un po' troppo sul carisma di Tanit per rendersene conto, come non coglie lo sguardo di fuoco che cerca di bruciarlo lì sul posto.

Il momento di silenzio viene subito interrotto dal ragazzino smilzo che raddrizza le spalle e si presenta: "Porgo le più sentite condoglianze da parte di Fender, mio padre, che è purtroppo bloccato a letto da una triste malattia, ma conosceva e stimava le innumerevoli qualità di..."

Hayat perde immediatamente il filo del discorsetto preparato e ben esposto da uno che ha proprio l'aria di aver studiato e di aver avuto i soldi per farlo nella maniera più comoda. L'alchimista, fa uno sbuffo interiore e poi stringe meglio le cinghie della spada che porta al fianco per poi lasciar vagare lo sguardo sul gruppo riunito mantenendo solo il minimo dell'attenzione.

Viene attratto solo quando il discorso sembra essere concluso e la loro ospite commenta con un tono che potrebbe sembrare scherzoso se non fosse un momento tanto grave:

"Mi ricordo di vostro padre... voi mi sembrate, beh, molto giovane rispetto alla sua veneranda età."

Chissà che sorpresa per la moglie trovarsi incinta, allora. Pensa Hayat dispettoso e già un po' annoiato da tutte queste formalità.

"Sono il generoso dono alla fine di una lunga vita intensa, madame." il giovane fa un cenno verso il suo misterioso compagno e lo presenta: "Sono accompagnato da Ren, la mia guardia del corpo."

Ormai è chiaro che nessun altro vorrà ad assistere all'ultimo viaggio del professore e quindi tocca a loro trasportare la bara a spalla dentro il cimitero fino all'ultima dimora.

Come se non fosse già tutto abbastanza strano, Leo sfodera lo spadone e lo pianta davanti a sé cominciando poi a salmodiare sottovoce. Quando Hayat vede la sua guardia del corpo fare un passo indietro si affretta a far indietreggiare anche Tanit prima che capiti qualcosa di brutto.
Via via che la preghiera sussurrata va avanti, si può vedere un'armatura materializzarsi attorno e addosso al ragazzino che sembra prendere forza e potenza dalla struttura. Una volta che l'apparizione è completa, Leo si considera pronto e si avvicina per fare la sua parte nel trasporto della salma. Ovviamente il suo servitore si fa avanti e con Hayat e Abigail i portatori sono in numero sufficiente.

Il mesto gruppetto si inoltra nel cimitero. L'atmosfera è quella cupa di una giornata di fine autunno, con la nebbiolina che accarezza le lapidi ricoperte di muschio e con le scritte quasi illeggibili per il trascorrere del tempo. Kendra sembra incedere con dignità ma l'atteggiamento dell'amica, l'inquisitrice, sembra essere pronto a sostenerla se da un momento all'altro dovesse cedere.

I viottoli di ghiaia si inoltrano nel cimitero in leggera collina e l'erba sembra ricoprire ogni sepoltura. Hayat non fa caso a niente se non seguire l'ondeggiare del vestito bianco di Tanit davanti a lui mantenendo al contempo il ritmo con i suoi compagni per il trasporto della bara, però non gli sfugge il sussurro che proviene da Ren in direzione del suo padrone: "Quella tomba ha la terra smossa... questo non è un luogo di riposo eterno."
Hayat sente scorrere un brivido gelido giù per la schiena. quanto odi questa situazione non lo sa proprio dire.

Ad un tratto delle sagome si spostano rapide nella nebbia e tutti i sensi di Hayat si attivano. Lo rassicura però sentire che anche i suoi compagni si preparano a qualunque cosa stia per succedere. 
Proprio quando sembra che non succederà niente e questa povera ragazza potrà seppellire suo padre in pace, si para davanti al corteo un gruppo di villici che brandiscono forconi e torce come nella migliore tradizione della caccia alle streghe.

"Non seppellirete un necromante con la nostra brava gente... noi ve lo impediremo!"


Ecco, mancavano solo i fanatici in questa bella giornata del cavolo, pensa Hayat mentre controlla la situazione con un'occhiata.



giovedì 5 marzo 2015

Cap. UNO in cui accompagnamo i nostri eroi sulla strada per Ravengro

Per Hayat la cosa più difficile da fare è uscire dal letto, tutto il resto poi va in discesa.

Rivestirsi con i colori sgargianti tipici della sua gente e con i monili colorati che colleziona da quando è un ragazzino lo mette sempre di buon umore; meno divertente è il momento in cui Tanit ricopre la sua pelle completamente nera, ma non è che se ne può sempre andare in giro senza niente addosso.
Tanit sceglie di vestirsi di bianco per il funerale, rinunciando al suo solito rosso intenso. Hayat trova estremamente affascinante la costante ricerca di colore della sua compagna. I colori naturali della razza di Tanit sono quelli dell’ombra, cioè il nero, il grigio e il bianco perlaceo e lei, assolutamente controcorrente, veste colori sempre accesi e, non contenta, ha tinto i capelli, naturalmente bianchi, di un rosso squillante.

L’alchimista non riesce a smettere di guardarla eppure sembra che, la maggior parte delle volte, l’oracolo nemmeno se ne accorga. Solo l’accendersi e spegnersi delle candele attorno a lei e uno svolazzare minaccioso delle tende fa capire che qualcuno  sembra essersi reso conto dell’interesse dell’ifrit.

Tanit ha finito di prepararsi e Hayat, che ha raccolto tutto il necessario per il suo laboratorio alchemico, decide che possono avviarsi verso la triste incombenza.

La giornata non sembra promettere niente di buono già dal clima. Il cielo è color grigio piombo e una nebbiolina serpeggia nella brughiera che costeggia la strada che percorrono.

Avvicinandosi alla cittadina scorgono il fiume che abbraccia il borgo e sembra delimitare il confine tra la civiltà e la brughiera misteriosa e cupa. Quando attraversano il ponte i due ragazzi scorgono una statua imponente di un uomo massiccio con un minaccioso manganello in mano che sembra quasi redarguire le ultime case strette una all'altra per non subire il giusto rimprovero.

“Hayat, chi è quel tipo?”

La voce armoniosa di Tanit scuote Hayat dai suoi pensieri che volano via come scintille nel vento. L’ifrit non ha la più pallida idea di chi sia quel bel tizio, ma non resiste alla tentazione di farsi un po’ bello con la sua ragazza e, soprattutto, divertirsi un po’ con una storia inventata.

“Devi sapere, cara la mia Tanit, che quello che chiami tipo in realtà era un famoso brigante che, ravvedutosi dopo che una bella fanciulla lo aveva pregato di risparmiarla, si è messo al servizio di questa cittadina per difenderla dai malintenzionati.”

Tanit gli regala uno di quei sorrisi sognanti a metà tra estasi e ironia, il cui segreto intriga Hayat e gli accende i pensieri. Il ragazzo risponde al sorriso e proseguono senza parlare fino a quando non vedono le prime case avvicinarsi.

Ravengro viene incontro ai due giovani con quell’aria cupa che prendono le cittadine quando l’entusiasmo della fondazione e la floridezza dei commerci lascia spazio a presagi cupi e fatti di sangue misteriosi. Il borgo è minuscolo, tutto stretto attorno ad una piazza circolare; la cittadina e i suoi dintorni sono deserti e i loro passi risuonano sul selciato. Hayat si sente strisciare addosso una sensazione sgradevole di pericolo imminente, ma forse è solo il freddo e la nebbia che lo fanno sentire a disagio. Anche le presenze attorno a Tanit sembrano in attesa di qualcosa, ma forse è solo Hayat che proietta tutto il suo malessere.

“Hai lasciato una lettera a tuo padre?” chiede quasi in un sussurro, come se non l’avesse vista scrivere di suo pugno una breve messaggio al padre e non l’avesse lasciato lui stesso in bella vista in cucina in attesa del  ritorno del suo mentore e guida, insomma l’unico adulto di cui Hayat si sia mai fidato.

“Sì.” Risponde laconica la ragazza persa nei suoi pensieri. Hayat non ha paura dei suoi lunghi silenzi e delle risposte stringate. Nemmeno lui è mai stato di tante parole ed è convinto che loro abbiano ben altri modi di comunicare.

“Ma cos’è capitato al tizio morto?” Hayat ha bisogno di parlare con lei, per combattere il freddo che sente dentro il cuore e la sensazione di pericolo incombente che sente premere su di loro.

“E’ morto, mio cuore.”  Il sussurro di Tanit potrebbe sembrare venato di ironia, ma Hayat è certo che Tanit non sia mai ironica, solo estremamente letterale in alcuni suoi commenti.

“Come?” la incalza il ragazzo.

“Come ha voluto il suo destino…” l’occhiata innervosita di Hayat fa sospirare Tanit e la convince a proseguire. “L’hanno trovato con la testa fracassata da una gargolla caduta dal muro di un vecchio edificio spaventoso…”

“Alla faccia del destino! Cosa ci faceva in quel posto da brividi?” Hayat, nella sua giovinezza scapestrata, ne aveva visitati di posti da incubo, ma la vecchia prigione, con i suoi fantasmi e la sua storia di dolore e pazzia, lo turbava più di quanto dovrebbe farsi spaventare un adulto, un alchimista, un eroe!

“Kendra, la figlia, non è entrata nei dettagli ma ha riportato  le voci che giravano su suo padre prima che morisse. Si diceva in giro che si dilettasse di necromanzia, come se fosse minimamente possibile.”

Tanit sottolinea con forza l’assurdità di queste chiacchiere. Di solito l’oracolo sembrava essere sfiorata per sbaglio dalle vicissitudini terrene, come se fosse proiettata sempre su altri piani, in contemplazione di altri misteri. Poche cose l’agitavano e una di queste era la sicurezza delle persone che amava, tra cui suo padre, l’unica figura parentale rimastale dopo la morte della madre, Hayat, l’unico che sembrava essere ammesso nel suo riservatissimo spazio vitale e, adesso, questo Petrus Lorrimor di cui Hayat non aveva sentito parlare prima ma che deve essere stato una figura importante nell’infanzia della sua compagna.

Qualunque cosa li aspettasse c’erano dentro tutt’e due fino alla punta scintillante dei capelli di Hayat.


sabato 14 febbraio 2015

Prologo



Hayat si sveglia con un sapore acido in fondo alla gola. Non è il solito sapore di nottata in laboratorio tra intrugli e pozioni alchemiche. Quello è un bel sapore, è uno dei pochi sapori giusti nella sua vita. L’altro è il sapore di Tanit che gli resta sulla punta della lingua quando il mondo scompare, gli spiritelli tacciono e il padre della sua ghermita preferita se ne sta fuori dai piedi abbastanza a lungo da far loro passare un paio d’ore di tempo piacevole.

Ecco,  quell’amaro in fondo alla gola viene, in qualche modo, dalla lontananza del padre di Tanit e dalla cocciutaggine della sua compagna. 

La discussione era durata un bel po’ e Hayat, come al solito, aveva detto cose di cui si era pentito un secondo dopo che le parole erano uscite dalla sua boccaccia rovente e Tanit, come al solito, aveva veleggiato sopra le parole più dure come una lieve brezza che passa e non si scompone per niente.
La causa della discussione la poteva vedere persino dal letto in cui era ancora sdraiato nonostante l’alba fosse già sorta da tempo. Una lettera, un semplice pezzo di carta in una busta aveva scatenato la tempesta che ancora faticava a placarsi. La lettera di una certa Kendra Lorrimor che annunciava la morte di suo padre e indicava Tanit come una degli esecutori testamentari.

Ha significato molto per me e per mio padre quand’ero piccola.

Hayat sente brani della discussione della sera precedente.

Sì, ma è stato un secolo fa… adesso è morto, non voglio che ti immischi.

Ecco, nemmeno adesso, nella sua testa, suona bene. Suona più come una cosa che direbbe un marito geloso e possessivo e non vuole questo per loro. La gente come loro non ha bisogno di essere sopraffatta dai propri simili. 

Mi chiede solo di onorare la memoria di suo padre, è importante salutare chi giunge alla fine del proprio ciclo.

Tanit è così, ha una visione molto eterea della vita. Essendo sempre in contatto con un mondo oltre la soglia, sembra relazionarsi con il materiale in maniera quasi svagata.

Non è il funerale che mi preoccupa, è questo doversi occupare degli affari di un morto ammazzato che non vedi da quando eri poco più di una palletta d’ombra.

Tocca poi sempre a lui farle tornare i piedi per terra e anche stavolta, nonostante gli costi dover contare sull’aiuto degli altri, sa quali sono le parole giuste da dire per convincerla.

Aspetta che torni tuo padre, vedrai se non mi dà ragione sul fatto che sia una pessima idea!

Io credo invece che mi esorterà ad andare!

Beh, io ho detto che non ci andrai e, cascasse il mondo, non ci andrai.

Probabilmente era stato lo sguardo lievemente ferito negli occhi completamente bianchi di Tanit a fargli venir voglia di mangiarsi indietro ogni sillaba pronunciata… e l’impossibilità di farlo gli aveva lasciato quell’amaro gusto di sconfitta in fondo alla gola.

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Hayat non sarebbe stato in grado di spiegare nemmeno a se stesso cosa lo turbasse tanto di questa lettera improvvisa. Sentiva solo che c’era qualcosa di perfettamente sbagliato in questa morte così misteriosa. Un professore interessato alle arti oscure che muore schiacciato da una gargolla caduta dal tetto di casa sua. Subito dopo si scopre che ha lasciato scritto nel suo testamento di convocare come esecutori un gruppo eterogeneo di persone che non si conoscono tra loro. Puzza peggio di un laboratorio alchemico di un principiante.

Non era, come diceva Tanit, il ciclo della vita che gira e si ricompone sempre in modi misteriosi. Era un puzzle a cui mancavano troppi pezzi perché ci si potesse fidare della prima impressione. 

E Hayat non voleva mettere in pericolo Tanit, perché era certo di poche cose nella vita, una di queste era che la amava abbastanza da volerla al sicuro, e l’altra era che se Tanit avesse sofferto, Samar, suo padre e mentore di Hayat, lo avrebbe fatto bollire vivo con una delle sue pozioni letali.

Perché Samar aveva scelto proprio quel momento per partecipare ad un incontro tra alchimisti? Hayat odiava doverlo ammettere, ma  in quel frangente sentiva la mancanza della sua guida e della sua presenza paterna. Ovvio che essere pensionante del tuo professore di Alchimia e contemporaneamente una presenza costante nel letto di sua figlia aveva creato qualche tensione e molti imbarazzi… soprattutto da parte sua, perché la famiglia di Tanit sembrava ormai assuefatta alle stranezze della vita. 

Comunque gli mancava, perché avrebbe sicuramente fatto ragionare Tanit e tutto si sarebbe risolto per il meglio. Perché loro non dovevano assolutamente andare, assolutamente no.

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“Hayat? Mia luce?”

La voce di Tanit lo richiama dal lieve ottundimento provocato dal tepore delle coperte. Quando l’ifrit apre gli occhi se la trova davanti in tutta la sua grazia ultraterrena. La pelle del corpo completamente nera, i capelli rossi come la fiamma sotto un alambicco, gli occhi bianchi che guardano lontano… Hayat riesce sempre a rimanere a bocca aperta quando la guarda.

La visione idilliaca è però rovinata da uno sfarfallio al limite della visione periferica e dal lancio di suppellettili da parte di invisibili presenze che aleggiano attorno a Tanit; oggetti che l’ifrit schiva con la forza dell’abitudine e della rassegnazione. Gli spiriti che infestano Tanit sanno essere estremamente irritanti la mattina appena sveglio.

“Sono qui, mia vita!”
 
Hayat allunga un braccio fuori dalle lenzuola e il tintinnio dei suoi bracciali attrae l’attenzione di Tanit nella penombra della stanza. Nonostante le apparenze, gli occhi di Tanit funzionano perfettamente, è un’altra la condanna che l’essere Oracolo le ha assegnato. Raggiunge quindi senza problemi la mano di Hayat e intreccia le dita con le sue. L’ifrit la vede chinare il capo come in ascolto… ormai ci ha fatto il callo e gli spiriti che accompagnano Tanit sin dalla sua nascita non turbano più il ragazzo. Lui resta in attesa fino a quando Tanit con un piccolo cenno di intesa viene congedata dalle presenze invisibili.

“L’ho sognata ancora…” sussurra con un tono sorprendentemente più pressante del solito. Hayat sa già di cosa sta parlando, ma sa che la giovane è molto in ansia per questi sogni, così la lascia raccontare stringendole la mano per darle un po’ di conforto.

“Inizia sempre con quel senso di oppressione degli incubi. E’ totalmente buio e nell’oscurità sento sghignazzare prima lontano e poi vicino. Una presenza mi sfiora e poco dopo sento vomitare oscenità in un punto imprecisato davanti a me. Qualcosa mi tira i capelli e una cosa viscida mi striscia tra i piedi. In sottofondo una canzoncina canticchiata da un demente e lontano sempre più fievole il pianto di una ragazza che si dispera come qualcuno che ha perso tutto e non ha nessuna speranza.”

La giovane fa una piccola pausa per fare un sospiro e, contemporaneamente, un paio di candele guizzano e poi si spengono come per dare un segnale. Hayat sa come si conclude il sogno, si è svegliato troppe notti accanto a Tanit che ripeteva come un’ossessa quelle parole per non ricordarsele.
“Mi sveglio con le urla di quella ragazza che invoca: Livar, perché mi hai lasciato?”

Hayat stringe più forte la mano di Tanit e, mentre lo fa, vede lo sguardo di lei guizzare verso la lettera sul tavolino. Vorrebbe non fare il collegamento tra questi sogni ricorrenti che hanno la forza di un ricordo e questa lettera arrivata inaspettata. Eppure, nonostante ogni scintilla del suo corpo strepiti contraria, è la sua Tanit a chiederglielo. 

Balza fuori dal letto, spogliato ormai di ogni ritrosia, e chiede: “Allora, quando partiamo?” e subito dopo: “Tuo padre mi ucciderà!”